“A sés an s’è putei, a sèsanta s’è amó chei”. Quest’anno ho compiuto, per l’appunto, sessant’anni e con bagaglio leggero, usando per spostarmi autobus e treni come da giovane studente universitario, parto per una vacanza fitta di mete e spostamenti.
Da Brescia, via Milano, col treno arrivo a Francoforte: un’imponente stazione “Kaiseriana” m’inghiotte e, tra le miserie dei molti senzatetto, mi spinge verso le lucenti sagome dei grattacieli. Città tedesca ricca, devastata dalla seconda guerra mondiale, rinata aggrappandosi al suo unico simbolo superstite: il maestoso campanile gotico del duomo. Il quartiere medioevale prima dei bombardamenti era splendido; oggi, ricostruito, attesta il lodevole sforzo di un popolo di conservare il passato e dunque di avere un futuro. Eleganti con bellissimi esempi di stile jugendstil i quartieri residenziali risparmiati dalle bombe.
Da Francoforte si va a Magonza, città meno devastata che conserva eleganti palazzetti tardo barocchi: non di quel barocco colto “romano”, ma alla “buona”, a tratti infantile dell’Europa centrale. A Magonza vado, è ovvio, per il suo Duomo. Duomo imponente, capolavoro dell’architettura medioevale della zona Renana, la cui costruzione-ricostruzione (1009 – 1870) ben rappresenta il grande sogno del Medioevo di una storia civile - religiosa universale e infinita. Le forme sono maestose, a tratti solenni, ma ciò che più mi attira sono le tombe barocche dei principi vescovi e dei grandi notabili: grandi teatri dove la morte appare sconfitta e relegata in un angolo dalla teatralità e dall’esuberanza dell’apparato decorativo.
Wiesbaden mi accoglie sotto una leggera pioggerellina che la rende alquanto malinconica e ne accentua il perduto ruolo di città termale alla moda del secondo Ottocento. Mi rallegro nel gradevole e bel museo cittadino per l’incredibile numero di bambini che lo anima. A letto presto, domani una bella e lunga giornata in autobus: si va a Strasburgo.
Alsazia, dunque Francia o Germania? La città antica arroccata, come nel Medioevo, al suo Duomo sa di Germania; i quartieri ottocenteschi con le ampie piazze, il palazzo Rohan è grandeur francese; le vie commerciali sono, con i soliti marchi, anonime come nel resto del mondo. A Strasburgo respiri l’Europa, il suo Duomo è, per bellezza, indescrivibile perché è la bellezza nata da una solida fede.
Ultima tappa Nancy, antica capitale della Lorena, Settecento francese in ogni dettaglio; ma cosa mi spinge a Nancy? Caravaggio e la sua pala dell’annunciazione, unico dipinto dove l’artista usò il blu. Blu terroso, umido come se il manto la Vergine l’avesse indossato umido di palude.
Con gli occhi pieni del gran lombardo si torna, sempre in autobus, a casa. La partenza è notturna, i viaggiatori parlano lingue diverse, ma poi ci addormentiamo e tutti russiamo allo stesso modo. Arrivo il mattino, assonnato, anchilosato ma sorprendentemente felice, a Milano: un altro pezzo di Europa è nei miei ricordi.
Giuseppe Merlo