Pubblichiamo la lettera integrale inviataci da un lettore di Brescia, il dottor Giovanni Baroncelli, figlio del prof. Ugo Baroncelli tra i protagonisti della cultura bresciana del secondo novecento. La lettera, che riguarda il ritorno della Vittoria alata dopo il restauro, è stata pubblicata su un giornale bresciano deprivata delle parti sottolineate.

 

I viaggi della Vittoria Alata.

      Brescia si prepara a festeggiare il ritorno della sua Vittoria Alata che, dopo il restauro all’Opificio delle pietre dure di Firenze, riprenderà il suo posto al Capitolium.

      Forse però pochi bresciani sanno che ( come è accennato  brevemente nel sito www.vittorialatabrescia.it  e come piu’ dettagliatamente descritto nelle interessanti opere di Maria Paola Pasini e di Adelaide Baroncelli) dopo il suo ritrovamento nel 1826, per ben due volte la Vittoria Alata si è allontanata da Brescia, sempre per cause belliche.

      La prima volta nel 1917. Dopo il crollo italiano a Caporetto si temette una invasione dell’Italia Settentrionale da parte delle truppe austroungariche, con conseguenti distruzioni, furti, saccheggi. E per proteggere la Vittoria, che oltre ai valori artistici possedeva una elevata valenza politica e patriottica, fu deciso, dopo averla adeguatamente imballata, di trasferirla in treno nella lontana e piu’ sicura Roma. E dopo la gloriosa resistenza sul Piave e la vittoria finale del 1918, la nostra Statua poté ritornare a Brescia, dopo una lontananza dal 1917 al 1920.

      Il nuovo allontanamento avvenne nella seconda guerra mondiale. Il timore che, piu’ che una invasione, i bombardamenti aerei potessero arrecare irreparabili danni al patrimonio artistico di Brescia, consigliò  di allontanare dal “pericoloso” centro storico le principali opere d’arte e di trasferirle in località più lontane e più sicure. E’ il 1940. E la Vittoria Alata, insieme ad altre preziose opere d’arte di chiese, musei e della Queriniana, fu trasferita a Seniga, nella Villa Fenaroli, luogo ritenuto tranquillo e sicura. (Come aneddoto, è simpatico ricordare che, in suo articolo dell’aprile del ‘41 sul “Popolo di Brescia”, il giornalista Mino Pezzi descrive l’incontro a Seniga con un carabiniere addetto alla sorveglianza della famosa “cassa no 13”, appunto la Vittoria Alata).

Ma le cose si complicarono. Purtroppo nel giugno 1944, l’esercito di occupazione tedesco decise di istituire un importante Posto di Comando proprio a Villa Fenaroli, ....che divenne così da sicuro rifugio  addirittura a obiettivo militare! Fu quindi necessario allontanare in altre sedi bresciane e nazionali numerose opere d’arte, li’ sfollate in precedenza. Ma per la Vittoria Alata, rinchiusa nella sua cassa pesante e ingombrante e quindi di trasporto difficile e indaginoso (sotto i bombardamenti!!), fu presa un’altra decisione. Scartate altre ipotesi (fra le quali anche quella di murarla in una parete della nuova galleria sotto il Castello, di recente scavo), fu deciso di interrarla a Seniga, nel parco della Villa, in un posto segreto, noto a pochissimi (fra i quali il mio papà, il prof. Ugo Baroncelli, allora Direttore degli Istituti Culturali di Brescia).

E la Vittoria Alata, simbolo di Brescia, rimase nascosta nel suo recondito rifugio sotterraneo fino  all’aprile del 1945, quando poté finalmente riemergere per poter riprendere, dopo alcuni indispensabili restauri, il suo posto a Brescia, dapprima al Capitolium e successivamente al Museo della Città di Santa Giulia.

                   Giovanni. Baroncelli

Mittente: prof. Giovanni Baroncelli. Via Vittorio Veneto, 23. Brescia