Un simbolo, un'istituzione per Gavardo, per la Vallesabbia, per l'intera provincia. Il maestro Pietro Simoni se n'è andato all'età di 101 anni. E' andato a raggiungere la moglie Luciana che lo aveva lasciato nel 2019. Recentemente aveva combattuto e vinto anche il Covid. Oggi lascia i figli Livio con Anna, Misa con Rolando e i nipoti, Stefano, Sebastiano, Matteo e Giulia. I funerali si terranno nella parrocchia di Gavardo giovedì alle ore 15. La salma si trova presso la casa funeraria "Domus Aurora" e da giovedì dalle ore 11 presso la sede del Museo (del "suo" Museo) di Gavardo e Vallesabbia accanto alla chiesa Parrocchiale.
Il maestro Simoni aveva compiuto 101 anni il Primo gennaio festeggiato all'interno della casa di riposo La memoria dove era ospite.
Aveva ricevuto il Premio Brescianità nel 2015. Queste motivazioni con cui gli era stato attribuito:
Piero Simoni, per tutti a Gavardo e in Valsabbia il maestro Piero Simoni, è figura eminente e rappresentativa di una cultura molto radicata nei comuni della vasta provincia bresciana. Una cultura i cui esponenti alcuni decenni fa hanno saputo dare un impulso pionieristico alla conoscenza del territorio bresciano, hanno inaugurato avventurosi percorsi di conoscenza su epoche remote e in discipline poco frequentate, hanno saputo divulgare e rendere popolari le acquisizioni scientifiche via via raggiunte, hanno gettato le basi per istituzioni culturali che sono tuttora snodi vitali di quel “museo diffuso” che rende speciale – anzi unica – la qualità del nostro territorio.
Quella del maestro Piero Simoni è dunque la vicenda di un uomo di cultura che raggiunge competenze disciplinari molto alte senza perdere mai di vista la dimensione corale della ricerca, il carattere popolare della storia locale, la funzione pedagogica della scienza, la valenza civile delle istituzioni culturali.
Nato a Vobarno l’1 gennaio del 1920, Piero Simoni si diploma alle magistrali e dopo la guerra, nel 1947, inizia la sua carriere di maestro sulle cattedre di Bione, Navono, Visano, Ghedi e Vallio. Anni di grande passione pedagogica e di scarsissimi mezzi nelle scuole dei paesini di provincia, i cui ricordi affiorano in alcuni racconti antichi e recenti di Simoni. Nel 1955 arriva la nomina di ruolo alle scuole elementari di Gavardo, dove Simoni manterrà la docenza per un trentennio. Nel frattempo il giovane umanista sviluppa la passione per gli studi naturalistici, paleontologici e archeologici che lo accompagnerà tutta la vita. I segnali sono precoci quanto minimali: un ammonite regalatogli dal padre che lavorava nel settore marmifero e un altro fossile scoperto casualmente sul ronco di san Cristo in città, e poi una moneta romana regalatagli dal fratello reduce dalla prigionia in Nord Africa sono per lui motivi sufficienti per dedicarsi a studi accurati a partire da quegli oggetti.
Ma Simoni non è uomo da studi condotti in una torre eburnea, e la svolta che segnerà la sua vita di ricercatore avviene – com’egli stesso ha scritto – durante un incontro fra quattro amici in un bar della sua Gavardo, che risale alla primavera del 1954. Presenti oltre a lui sono i gavardesi Alfredo Franzini, commerciante, Alberto Grumi, insegnante come Simoni, e Silvio Venturelli, pittore: fra loro nasce una discussione su come sia meglio impiegare il tempo libero, ed è lì che spunta l’idea di un’esplorazione con finalità scientifiche nel “buco del Frate”, una cavità profonda esistente nel cosiddetto Carso di Paitone che era stata oggetto di alcune indagini un ventennio prima, ma aveva poi conosciuto un abbandono pressoché totale. I quattro amici, con scarsa attrezzatura e molto entusiasmo, si spingono così a un’esplorazione da cui affiorano i primi reperti che apriranno la strada a scoperte esaltanti, come la ricostruzione completa dello scheletro di un esemplare di Ursus spelaeus, oltre che di altre specie animali antiche. La raccolta dei reperti diviene subito metodica, scrupolosa, scientifica, e i contatti immediatamente avviati con il Gruppo naturalistico Giuseppe Ragazzoni di Brescia e con il professor Angelo Pasa, del Museo di storia naturale di Verona, consentono di accertare le rilevanza della scoperta. I reperti vengono riuniti prima in un’aula dlele scuole elementari di Gavardo, poi i locali messi a disposizione da un privato. Il gruppo di amici estende le proprie ricerche all’ambito archeologico, partendo da altre cavità della bassa Valsabbia. Il Gruppo grotte di Gavardo è ormai realtà e nel 1956, grazie a un accordo con la signora Maria Dallavia Sigismondi, viene allestito nel “castelletto” posto all’ingresso settentrionale del nucleo storico di Gavardo il primo museo civico. La fama delle scoperte e dell’attività del Gruppo grotte fondato dal maestro Simoni e dai suoi amici varca ben presto i confini comunali. Nel 1960 la “Onda film” di Angio Zane realizza un documentario a colori sulle scoperte del buco del frate, mentre non c’è sito archeologico, non c’è affioramento di reperti antichi in quegli anni che non richiami la presenza e l’intervento degli “archeologi dilettanti” ma sempre più competenti guidati da piero Simoni: nascono da lì gli interventi (e i preziosi ritrovamenti) del 1961 nel podere Lugone a Salò, e quelli del 1965 nell’ex lago Lucone di Polpenazze, con il celebre ritrovamento della piroga preistorica e dei resti di un villaggio palafitticolo che attira l’attenzione dei media nazionali e persino del “re archeologo”, Gustavo Adolfo di Svezia. Un insediamento, quello in località Lucone, che dopo quasi mezzo secolo rimane ancora al centro di attive campagne di scavi e di avvincenti scoperte.
Gli anni pionieristici sono stati raccontati da Piero Simoni nel suo avvincente volume “Memorie di un archeologo dilettante”, che documenta come il dilettantismo iniziale sia rimasto come propellente di entusiasmo ma sia via via stato affiancato da una competenza spiccata e riconosciuta, tanto che lo stesso Piero Simoni, è stato nominato nel 195 conservatore del Museo del gruppo grotte di Gavardo, nel 1962 ha fondato la rivista Annali del gruppo grotte gavardo, nel 1965 è diventato bibliotecario della Biblioteca Eugenio bertuetti di gavardo e nel 1968 è diventato ispettore onorario della Sovrintendenza alle antichità della lombardia, e nel 1971 è diventato socio effettivo dell’Ateneo di Brescia.
La crescita scientifica dell’esperienza del gruppo grotte non ha fatto venir meno, in quegli anni e fino ad ora, la dimensione popolare della ricerca paleontologica, archeologica e storica del gruppo promosso da Piero Simoni, dapprima con il coinvolgimento di tanti cittadini giovani e meno giovani nelle attività manuali necessarie in ogni campagna di scavo, oggi attraverso la mobilitazione di tanti studenti delle scuole medie superiori della zona nei cantieri estivi.
Nel frattempo il maestro Piero Simoni, senza flettere dalla sua curiosità individuale e dalla sua attitudine didattica, ha affinato la propria passione per le ricerche sul campo attraverso studi personali e frequentazioni significative, che ne hanno fatto un punto di riferimento per tanti studiosi a livello provinciale e oltre. Per tutti basti ricordare il rapporto di amicizia e collaborazione con Lawrence Barfield dell’Università di Birmingham.
Nel frattempo il museo gavardese ha trovato a partire dal 1988 una nuova sede, nella ex “casa del vescovo” accanto alla parrocchiale gavardese. Il museo è diventato nel frattempo Museo archeologico della valle sabbia, a conferma della preveggenza dei fondatori, mentre la longevità di studi e creatività del maestro Piero Simoni ha trovato conferma in una produzione bibliografica vasta se non imponente attraverso saggi pubblicati sugli Annali del museo del Gruppo grotte, gli Annali benacensi, i supplementi ai Commentari dell’Ateneo di Brescia, il Notiziario della Soprintendenza archeologica della Lombardia, Memorie dell’Ateneo di Salò, senza tralasciare una feconda e più recente produzione narrativa, nonché opere individuali e collettanee di storia locale.
Il tutto secondo un sapiente approccio alla conoscenza, una fine cura del rigore scientifico, un’attenzione mai revocata alla divulgazione culturale, che fanno di Piero Simoni, del maestro Piero Simoni, una figura eminente della cultura bresciana e della vitalità culturale della nostra provincia e della sua attitudine a farsi avventura collettiva, motivo di crescita comunitaria, fattore di un’identità comune sempre più articolata e consapevole.
Massimo Tedeschi