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"Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar".

Il motivo è noto a tutti, anche se di un secolo fa: ha il sapore del viaggio, della speranza, del bisogno di rifarsi una vita, unito ad un motivo musicale molto orecchiale, semplice. Tanto da essere noto anche oggi, tra i giovani, tra gli adolescenti.

 

L’America, poi:  sogno e meta di migliaia di emigranti italiani di inizio '900, che riecheggiano all'interno dei brani e delle canzoni, offerte al giovane pubblico del Liceo De André, da Valentina Pescara, Isaia Mori e Andrea Casarotti nel loro spettacolo "E siamo partiti...", nei giorni scorsi.

Il tema della migrazione e questo stesso spettacolo fanno parte di un progetto molto ampio, organizzato e portato avanti dalla professoressa Luisa Castellazzo e che si compone di numerosi incontri e approfondimenti futuri. Il progetto si chiama: “Non uno di meno”, un titolo importante e impegnativo se associato alle immagini dei barconi che affollano il quotidiano.

E lo spettacolo è costruito in modo particolare, raffinato, d’alto effetto emotivo: Valentina Pescara che con la sua calda e avvolgente voce legge brani tratti dalla letteratura del secolo scorso; musicisti che col calore dei loro strumenti accompagnano le immagini e le parole pronunciate.

Le scelte dei testi invitano a riflettere, a ragionare e a ricordare il passato emigrante del bel paese. Ma oggi, oggi forse si parla di noi:  giovani , come le anatre cantate da Guccini,  costretti anche a  prendere il mare per raggiungere una speranza.

Un popolo, quando emigra, canta: canta per raccontare se stesso, per raccontare che cosa ha perso e che cosa vuole conquistare. Canta per raccontare: canta per vivere. Ed è così che è iniziato questo viaggio, anche per chi era lì ad ascoltare: De Gregori, Modugno, Manu Chao e Van De Sfroos, ma anche l' "Addio monti"  di Manzoni; "l'imbarco degli emigranti" tratto dal romanzo Sull'oceano di De Amicis; "L'America" da Novecento di Baricco.

La storia dell'uomo è in fondo, da sempre, storia di migrazioni: la scelta di utilizzare la musica per raccontare questo rende il messaggio universale, nel tempo e nello spazio.

Non è mancato, alla fine di questo percorso, un momento dedicato a quello che è stato definito come "il più grande atto di odio nei confronti della diversità nella storia dell'uomo" di cui, il 27, si è fatta memoria: “Credo ancora nell'intima bontà dell'uomo” diceva Anna Frank.

Daniele Campo 5B LSU