Alcuni giorni fa un avviso comunale attrasse la mia attenzione. Il tono, pur nella sua fredda dizione burocratica, prometteva interessanti migliorie nella via del centro in cui vivo: “Nell’ambito del progetto Brescia Che spettacolo verranno rimosse le rastrelliere porta biciclette”. È stata quella promettente frase “Brescia che spettacolo” che ha acceso le speranze; fantasticavo quali sorprendenti arredi andranno a sostituire le vecchie rastrelliere, che anni di maleducata sosta avevano trasformato in informi grumi di ferro.
È facile intuire lo sconforto: la “spettacolare” operazione si è conclusa con le vecchie rastrelliere rimosse, prontamente sostituite da automobili parcheggiate sui marciapiedi, e il posizionamento di una nuova di fatto inutilizzabile per la costante presenza di un veicolo in divieto di sosta. La decenza imporrebbe di evitare appellativi per operazioni che sono, nella sostanza, interventi di ordinaria manutenzione. Forse ho frainteso e “Brescia che spettacolo” è riferito all’incuria di molti dei vicoli del centro; o il richiamo è alla discarica a cielo aperto dove sono posti i cassonetti della raccolta differenziata in Corso Cavour con contorno di macchina eternamente posteggiata sul marciapiede. Spettacolo esilarante sono di certo i virtuosismi di coloro che vorrebbero entrare al tanto decantato “MoCa” dribblando i maleducati posteggi marciapiede - raso muro.
Ma ora tutto sarà dimenticato: c’è luce in castello. Corriamo festanti sul Cidneo sta per arrivare il Luna Park: una Coney Island bresciana. Inebriamoci, selfiamoci, sgraniamo gli occhi nella fantasmagorica festa di piazza che durerà poco; spente le luci il castello tornerà, state tranquilli, al suo letargico, polveroso silenzio. Ma non abbattiamoci, è pronto l’evento sensazionale: la pinacoteca, lucida e suadente, sta per svelarsi e per un tale evento si scomoda, a Santa Giulia, Tiziano (Moretto, Romanino, Savoldo, Gambara probabilmente non sono bastanti). Se cultura a Brescia questa è, non ci resta che: Sancti Faustini et Jovite orate pro nobis.
Giuseppe Merlo