Dovevo andare a Milano e così è stato. Mostra di Antonello da Messina: La Vergine Annunciata blocca lo sguardo, ferma il cuore. Il chiudersi nella corazza azzurra del manto ci esclude dal Verbo che sta per incarnarsi: il gesto della mano, al contrario proteso verso il nostro spazio terreno, non solo è segno di serena accettazione, ma ci rende parte del divino volere. Il tempo si ferma: la pagina, di cui percepiamo il fruscio, rimane sospesa nell’aria.
Potenza del genio, bellezza salvatrice che nulla può contro la stupidità. Signore attempate, giovani più o meno disinvolti, distinti borghesi accomunati da un solo scopo: scattare foto ai dipinti con furia selvaggia, nel vano tentativo di fermare in un click la bellezza che i loro miopi occhi non sanno vedere.
Altra epoca, altri intenti: tanta accademica bellezza nell’esposizione dedicata a Ingres e ai pittori neoclassici francesi. Napoleone in trono: novello Giove regnante sul mondo. Superba resa della bellezza del potere: velluti, ori, smalti; ma tanto sfarzo non smorza l’impressione di una testa mozza poggiata su abiti ricolmi di paglia.
Si torna a Brescia in piazza Vittoria e mi rendo conto di quanta ragione nella Yourcenar quando definì il tempo grande scultore. A distanza di mesi il nero della “liquirizia” di Paladino vira al marroncino trasformandola in un “sfaccettato fecaloma”. Percorro mesto vicolo “Dell’indisciplina”, così rinominato per lo squallore e il disordine in cui versa e sento odore di casa: la puzza che emana dai sacchetti abbandonati ai piedi dei cassonetti in Corso Cavour. La bellezza salverà il mondo? Ma non per ora.
Saluti da Brescia,
Giuseppe Merlo