Tornano le "pillole" dello storico dell'arte Giuseppe Merlo, dell'Archivio di Stato di Brescia.
Il leggero temporale estivo attenua, ma non allontana, il fetore che emanano i rifiuti disinvoltamente abbandonati accanto ai cassonetti; il fetore ammorba l’aria, sale e corrode le insegne che troneggiano, con la loro banale opulenza, sulle facciate, al presente impalcate per restauro, del bel palazzo che fu, in tempi andati incompiuta dimora dei Martinengo Colleoni. Ma siamo capitale italiana della cultura: che vuoi che importi se nella totale indifferenza si gettano per strada, con elegante inciviltà, i resti della nostra ingordigia consumistica? Siamo Capitale della Cultura italiana, ci ricordano avvisi posizionati in ogni dove e questo basti a rallegrarci. Comodo scudo che copre ogni grettezza e offusca la vista mascherando la mancanza “di cultura” che con tanta enfasi osanniamo.
Mostriciattole, mostricine, mostrine dovrebbero prepararci al sublime evento: aprirci anima e corpo alle delizie che ci aspettano nell’anno a venire; ma sia nelle scarnificate sale della pinacoteca Tosio - Martinengo sia nei claustrali ambienti di Santa Giulia regna silenzio e polvere. Non è certo “affittando”, in forma totalitaria e esclusiva, i nostri nobili spazi museali all’arte contemporanea, slegata e aliena alla nostra città, che si fa cultura. Asfissiante provincia quando è dominata da un acritico, compassionevole amore per il contemporaneo, meglio se straniero. Non era necessario chiamare Sgrò a “Cancellare Brescia”, sappiamo farlo benissimo da soli con meno sforzi e denaro.
Giuseppe Merlo