Ha preso il via in questi giorni un corso teorico-pratico per la diagnosi precoce dei tumori della pelle rivolto ai medici di medicina generale. Il percorso formativo, che vede alcuni dermatologi di rilievo tra i docenti, avrà la durata di circa un anno ed è stato organizzato con il patrocinio della Società Italiana di Medicina generale.
I tumori cutanei rappresentano in assoluto la più diffusa forma di neoplasia tra le persone di pelle bianca, circa un terzo di tutte quelle diagnosticate in un anno. Secondo le più recenti statistiche, sono sensibilmente in aumento, ma risultano anche tra i più curabili se la diagnosi è precoce: 86% di sopravvivenza dopo cinque anni per gli uomini e 89% per le donne. Data l’impossibilità di effettuare screening a tappeto tra la popolazione, anche per il rapporto negativo tra costi e benefici, diventa sempre più determinante il ruolo del medico di base, che conosce i propri pazienti e sa distinguere e monitorare quelli più a rischio, dando vita a un percorso integrato che precede e poi accompagna l’intervento dello specialista in dermatologia.
Da questa premessa nasce l’esigenza di una formazione specifica rivolta ai medici di medicina generale, chiamati a dotarsi anche di strumenti diagnostici sempre più precisi per una valutazione accurata e selettiva, che faccia da filtro alla visita dermatologica. La diagnosi clinica dei melanomi, i tumori cutanei più pericolosi, si può riassumere nell’acronimo ABCDE che, grazie a campagne di informazione, gli stessi cittadini hanno imparato a conoscere: Asimmetria, Bordi (non regolari), Colore (non uniforme), Diametro (oltre i 5 mm), Evoluzione. Spesso, tuttavia, ci sono tumori che ingannano perché non rispondenti a questi criteri, così come alcuni falsi positivi portano a interventi chirurgici non necessari.
Il ricorso a strumenti come il dermatoscopio, sia manuale che digitale, permette di cogliere caratteristiche non visibili a occhio nudo e quindi aiuta a compiere una diagnosi corretta della lesione. Ai medici iscritti al corso viene dunque fornita la competenza necessaria per l’utilizzo di tale strumento non invasivo, così che possano divenire sempre più una figura privilegiata nello screening fra i propri pazienti, determinando chi eventualmente dovrà rivolgersi alle cure dello specialista e limitandosi nella richiesta di consulenze inutili o improprie, che creano ansia all’assistito e costituiscono inoltre una spesa sempre più onerosa per la sanità. Il medico di famiglia deve infatti assumere stabilmente il ruolo di colui che intercetta le lesioni pericolose, proprio in virtù della sua posizione unica di vicinanza ai pazienti e di conoscenza della loro storia, compresi eventuali fattori di rischio.
Anche i medici del centro Raphael, che tra l’altro operano da anni in piena sinergia con gli specialisti, insistono su un approccio personalizzato che, garantendo la continuità del rapporto tra medico e paziente, può fare la differenza. «A partire dal 2003 – precisa il dottor Vittorio Corsetti, responsabile Area prevenzione degli ambulatori Raphael – ci siamo formati in maniera specifica per divenire un filtro sempre più significativo relativamente ai casi da inviare al dermatologo. Monitorando la casistica, abbiamo notato che, su 100 lesioni inviate in questi anni per un consulto specialistico, in media il 46% ha realmente un significato oncologico, con una tendenza che nell’ultimo periodo sfiora il 60%. Si tratta di risultati significativi, che tra l’altro continuano a migliorare». Un centro, inoltre, funziona bene se sa prevenire gli interventi chirurgici inutili con diagnosi sempre più precise, raggiungendo dati via via più bassi del cosiddetto NNE (number needed to excise). «Gli ambulatori Raphael – continua Corsetti – erano partiti da un indice pari a 14, cioè un tumore maligno ogni 14 lesioni tolte. Negli anni il dato si è dimezzato giungendo a 7 e ultimamente addirittura si attesta a 5, in linea con la letteratura italiana e internazionale dei centri più avanzati». Da ciò nasce l’idea di “esportare” le competenze acquisite e gli ottimi esiti raggiunti.
La lotta ai tumori cutanei non è tuttavia condotta solo dai medici. «L’esame medico – precisa Mario Cristofolini, dermatologo e presidente della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori – non deve mai sostituirsi al self-screening, il controllo che ognuno può compiere sulla propria pelle, il quale contribuisce a diagnosticare circa il 40% dei tumori prima ancora di incontrare il medico. L’autoesame mensile riduce infatti la mortalità per melanoma addirittura del 63%». Le altre raccomandazioni dovrebbero già essere note a tutti, in primo luogo quella di proteggersi adeguatamente dai raggi solari e di evitare le lampade abbronzanti. Ognuno di noi deve inoltre imparare a tenere d’occhio la crescita dei propri nei e controllare di non averne uno del tutto diverso per forma e colore da quelli vicini, il cosiddetto “brutto anatroccolo”, che potrebbe essere potenzialmente pericoloso.
La cooperativa Raphael e Medici Insieme, l’associazione che riunisce i medici di base di Desenzano, coordineranno l’intera durata del corso di formazione e non escludono di ripetere l’esperienza anche nei prossimi anni. Intanto sono già in corso incontri con la Società Italiana di Medicina Generale per proporre il pacchetto formativo anche ai medici di base di altre sedi in tutta la penisola.
Giovanna Gamba