Il lavoro in provincia di Brescia, in un anno profondamente segnato dalla pandemia da Covid-19, mostra segnali di tenuta ma, allo stesso tempo, emergono elementi di preoccupazione: nel 2020, i numeri evidenziano che l’occupazione complessiva, nonostante la crisi in atto, ha espresso un limitato calo rispetto ai massimi storici raggiunti nel 2019 (da 559 mila a 548 mila, -2,1%). Va tuttavia precisato che le disposizioni di legge che per tutto il 2020 hanno disposto il blocco dei licenziamenti (tuttora vigenti) rendono ogni confronto con gli anni precedenti difficilmente applicabile e interpretabile. L’evoluzione dello stock di occupati è il frutto della variazione pari a -1,2% per la componente maschile e a -3,4% per quella femminile. A fronte di un’evoluzione tutto sommato piatta per l’occupazione, le Unità di Lavoro Annue (ULA), indicatore che approssima le ore lavorate, subiscono un calo particolarmente significativo, passando da 540 mila a 492 mila (-8,8%). Tale discesa riflette una serie di fattori, in primo luogo, il quanto mai massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali (come la CIG) nel corso del 2020. A seguito di tale contrazione, le ULA si attesterebbero ai minimi storici.“In un anno complicato e drammatico come il 2020, i dati sull’occupazione a Brescia mostrano una certa tenuta. Un aspetto positivo, ma che non deve fuorviare: siamo perfettamente consapevoli che il blocco dei licenziamenti influisce in modo importante nella dinamica generale –commenta Giuseppe Pasini, Presidente di Confindustria Brescia –. Sotto questo punto di vista, come ho più volte sottolineato, esiste un patto sociale di cui le imprese devono farsi carico: è quindi fondamentale garantire i livelli occupazionali anche una volta terminato il blocco, utilizzando in modo ragionato gli strumenti che ci vengono forniti. Senza occupazione, non possono ripartire nemmeno i consumi, e le famiglie vanno in crisi, così come le aziende.”La sostanziale stabilità dei livelli occupazionali ha determinato una modesta contrazione del tasso di occupazione (15-64 anni), sceso al 66,1% dal livello record rilevato nel 2019 (67,4%); risulta appena più basso della media lombarda (66,9%) e al di sopra di quella nazionale (58,1%). Le persone in cerca di occupazione scendono a 25 mila (-3 mila nei confronti del 2019), il valore più basso dal 2008 (17 mila). Il calo dei disoccupati ha interessato i maschi (-3 mila), mentre le femmine hanno sperimentato una variazione nulla.

Il tasso di disoccupazione diminuisce in confronto all’anno precedente e si attesta al 4,4% (4,7% nel 2019), un livello tuttavia ancora superiore al pre-crisi (3,2% nel biennio 2007-2008). Il dato bresciano si colloca al di sotto della media lombarda (5,0%) e di quella nazionale (9,2%). Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è in riassorbimento (12,4%, dal 13,6% nel 2019) e ben al di sotto di quanto riscontrato in Lombardia (19,2%) e in Italia (29,4%).In tale contesto, preoccupa la forte crescita degli inattivi (508 mila, 18 mila in più rispetto al 2019). Il suddetto aggregato intercetterebbe al suo interno un congruo numero di “sfiduciati”, che non lavorano e non cercano lavoro; soggetti che rischiano di rimanere ai margini del mercato, con tutte le conseguenze sociali derivanti.Dai dati di fonte amministrativa (Comunicazioni Obbligatorie della Regione Lombardia) risulta che le assunzioni alle dipendenze nel 2020 hanno registrato un calo complessivo del 14,2% (da 164.267 del 2019 a 141.008). Tra i contratti, si segnalano diminuzioni per il tempo indeterminato (-17,2%), per quello determinato (-11,4%) e per l’apprendistato (-33,1%). Il saldo totale tra avviamenti e cessazioni è positivo (+11.912 unità): per l’apprendistato è pari a +2.036, per il tempo determinato è +10.179, mentre per il tempo indeterminato è negativo (-303).Idati non sono tuttavia perfettamente confrontabili con quelli degli anni precedenti perché condizionati dall’entrata in vigore dei provvedimenti sul blocco dei licenziamenti nel periodo di emergenza Covid-19.Per la sola industria in senso stretto, il saldo è complessivamente positivo (+972 unità), nonostante il contributo negativo da parte del contratto a tempo indeterminato (-2.494). Sul versante dei profili maggiormente richiesti nel mercato del lavoro bresciano–secondo quanto fornito dalla piattaforma WollyBi che monitora gli annunci di lavoro onlinerilevatinel territorio–, nel 2020 le domande di lavoro hanno riguardato prevalentemente le macro categorie dei tecnici (20,9% degli annunci complessivi), delle professioni tecniche e scientifiche (17,1%), degli artigiani e operai specializzati (16,8%) e delle professioni non qualificate (13,0%). Più nel dettaglio, la top 5 dei profili più ricercati vede al primo posto gli addetti allo spostamento e alla spedizione dei materiali o delle merci (4,7% della domanda complessiva), seguiti dai disegnatori industriali (3,9%), dai modellatori e tracciatori meccanici di macchine utensili (3,9%), dagli addetti alle pulizie in uffici, esercizi alberghieri ed altri esercizi (3,7%) e dai segretari addetti a mansioni amministrative ed esecutive (3,4%).Va infine segnalato l’aumento esponenziale della Cassa Integrazione Guadagni. Le ore complessivamente autorizzate in provincia di Brescia nel 2020, rispetto al 2019, sono aumentate del 1.229% (da 7 a 92,7 milioni), con una crescita della componente ordinaria del 2.016% (da 3,4 a 72,2 milioni) e un calo di quella straordinaria del 16,6% (da 3,6 a 3 milioni). In particolare, nell’industria, le ore complessivamente autorizzate sono cresciute del 989% (da 6,3 a 69 milioni), con la componente ordinaria salita del 2.033% (da 3,1 a 66,2 milioni) e quella straordinaria calata del 24,2% (da 3,2 a 2,5 milioni). Nell’edilizia, sono cresciute del 1.857% (da 308 mila nel 2019 a 6 milioni nel2020), nel commercio del 5.145% (da 328 mila a oltre 17 milioni).