Dopo la pandemia, il Sistema Brescia sta meglio rispetto al 2009, quando si trovò ad affrontare la grande recessione mondiale: nello scorso anno, la manifattura bresciana ha mostrato significativi segnali di tenuta, a conferma della sua generale robustezza.


Un aspetto importante, in particolare di fronte alle grandi incognite costituite da rincaro dei costi
energetici, difficoltà di reperimento delle materie prime e incertezze sul futuro dell’automotive.
A evidenziarlo è lo strumento dell’ISM – Indice Sintetico Manifatturiero, presentato nello scorso
mese di febbraio (con analisi dei bilanci 2019) e frutto della collaborazione tra il Centro Studi di
Confindustria Brescia e OpTer (Osservatorio per il territorio: impresa, formazione,
internazionalizzazione) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che restituisce in un unico valore
lo stato di salute delle società di capitali attive nell’industria.
Il primo focus realizzato da Confindustria Brescia (allegato al presente comunicato) riguarda il
settore Chimico, gomma, plastica; l’analisi proseguirà nelle prossime uscite – a cadenza
settimanale – concentrandosi su altri 4 comparti manifatturieri presenti sul territorio: Alimentare (30
dicembre), Sistema Moda (6 gennaio), Meccanica (13 gennaio) e Metallurgia (20 gennaio).

 

Nel dettaglio, ISM – applicato ai bilanci 2020 di quasi 3 mila realtà industriali bresciane – mostra
un leggero indebolimento rispetto alla situazione rilevata nel 2019. Nel 2020 la quota di aziende che
si posizionano nella classe A (quella che include gli operatori più virtuosi) si attesta al 28% del totale,
in leggero calo rispetto al 29% registrato nell’anno precedente. Una contrazione ha riguardato anche
la classe B, passata dal 36% al 34%, mentre la classe D (che comprende le imprese potenzialmente
più fragili) ha visto crescere la propria incidenza, dal 3% al 6%.
La segmentazione al 2020 dell’ISM per classe dimensionale, conferma alcune evidenze già emerse
in precedenti lavori, ovvero come lo stato di salute delle imprese vada a migliorare, a livello
aggregato, con l’aumentare della dimensione aziendale. Se si prende in considerazione la quota
delle realtà che si posizionano nella classe A, essa è pari al 41% nelle grandi imprese (quelle con
un fatturato oltre i 50 milioni di euro), scende al 34% nelle medie, al 29% nelle piccole e si riduce
addirittura al 25% nelle micro (quelle con ricavi al di sotto dei 5 milioni). Allo stesso tempo,
l’incidenza degli operatori in classe D aumenta dall’1% delle grandi all’8% delle micro.
L’ISM è stato poi implementato per effettuare un confronto tra gli effetti sui bilanci delle imprese della
crisi da Coronavirus, con la “Grande Recessione” del 2009, pur nella consapevolezza della diversa
natura dei due fenomeni presi in considerazione. Emerge, in questo senso, come il Conto
Economico della manifattura bresciana nel 2020 sia stato meno penalizzato rispetto a quanto
riscontrato nel 2009. A titolo, esemplificativo, nel 2020 il fatturato complessivo del made in Brescia
ha subito una contrazione del 9,5%, a fronte di un crollo di quasi il 30% sperimentato nel 2009.
Anche gli altri principali saldi intermedi del Conto Economico mostrano dinamiche coerenti con
quanto sopra riscontrato: il Margine operativo lordo, indicatore che esprime la redditività lorda
industriale, ha evidenziato nel 2009 una flessione tre volte più intensa rispetto a quella del 2020.

 

Analoghe considerazioni valgono anche per il Risultato ante imposte, che nell’ultimo anno è
diminuito del 25,5%, mentre nel 2009 aveva evidenziato una pesante caduta pari al 70,5%.
Tutto ciò si ripercuote sui punteggi prodotti dall’ISM: l’aggregato che accorpa le imprese nelle classi
A e B, fra il 2008 e il 2009 ha riscontrato una flessione del 6%, passando da una quota del 53% al
47%. Tra il 2019 e il 2020 lo stesso aggregato è sceso solo di 3 punti percentuali (da 65% a 62%).
Va inoltre evidenziato come nel 2009 più di un operatore su dieci si posizionasse nella classe D, a
conferma della significativa gravità che caratterizzava il comparto manifatturiero locale.
Da ultimo, ISM consente di sottolineare i progressi realizzati in questi anni dal sistema industriale
bresciano e di come esso si sia affacciato alla crisi del 2020 da una situazione più rafforzata di
quanto non lo fosse alla vigilia della “Grande Recessione”. Ciò è evidente dal confronto tra il
posizionamento delle imprese nei due anni pre-crisi (2008 e 2019): il “blocco” delle imprese nelle
classi A e B è passato dal 53% nel 2008 al 65% nel 2019, un salto di ben 12 punti percentuali. Tale
miglioramento trae giustificazione da possibili molteplici fattori; uno fra tutti risulta essere la maggiore
patrimonializzazione delle imprese. Come già descritto in occasione della conferenza stampa di
presentazione dell’ISM, avvenuta nel febbraio del 2021, nel 2008 l’incidenza dei mezzi propri sul
totale del capitale investito era pari al 29,8%, mentre nel 2019 tale quota ha raggiunto il 44,8%.
“Le indicazioni generali provenienti dalla manifattura bresciana sono decisamente incoraggianti,
come testimoniano i dati elaborati attraverso ISM – commenta Franco Gussalli Beretta, Presidente
di Confindustria Brescia – . Questo strumento, sviluppato in collaborazione con l’Università Cattolica,
ci consentirà sempre più, anche in futuro, di tenere monitorato lo stato di salute delle nostre imprese.
Un aspetto fondamentale, anche in considerazione di alcune grandi incognite che caratterizzano
l’economia mondiale nel breve e medio periodo, quali il rincaro dei costi dell’energia, le difficoltà di
reperimento delle materie prime e le incertezze sul futuro dell’automotive.”
“Grazie a OpTer, la collaborazione tra l’Università Cattolica e il Centro Studi Confindustria Brescia
si è, negli ultimi anni, ulteriormente intensificata – aggiunge Giovanni Marseguerra, Ordinario di
Economia Politica all’Università Cattolica e Direttore di OpTer –. ISM, che è un modello costruito ad
hoc sulle imprese manifatturiere bresciane, ci consente di realizzare un monitoraggio puntuale
sull’evoluzione del sistema produttivo e così di supportare efficacemente il nostro sistema
imprenditoriale che, come dimostra l’analisi presentata oggi, sta dimostrando di reggere bene l’onda
d’urto della crisi generata dalla pandemia”.

 

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