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Tornano i contributi dello storico dell'arte Giuseppe Merlo, che questa volta interviene a proposito della mostra dedicata al Rinascimento a Brescia, con un affondo su scorci del degrado contemporaneo.

Tornano i contributi dello storico dell'arte Giuseppe Merlo, che questa volta interviene a proposito della mostra dedicata al Rinascimento a Brescia, con un affondo su scorci del degrado contemporaneo.

Tota pulchra es pictura: è la sensazione che si ha visitando la mostra Rinascimento a Brescia Moretto, Romanino Savoldo, in corso al Museo di Santa Giulia. Nulla di nuovo sotto il sole: la storia dell’arte ha da anni dimestichezza con tutte le opere esposte e con i loro autori. Percorrendo le sale stipate di capolavori, provenienti da luoghi vicini e lontani, un dato è certo: l’esposizione permette scorpacciata di dipinti, tutti di altissima qualità, usciti in larga misura dal genio dei tre grandi protagonisti della pittura bresciana della prima metà del Cinquecento.

Coloro che avranno il coraggio di immergersi nella lettura del ponderoso catalogo forse vi troveranno quelle novità che una mostra di tale portata e costo dovrebbe portare alla storia dell’arte. Credo che non assisteremo tra i visitatori a svenimenti Stendhaliani o a berniniane estasi; ma, tra fruscii di sete savoldiane, malinconici o fieri ritratti con al seguito santi “umanizzati” moretteschi e intemperanze romaniniane, il visitatore potrebbe soffrire di “baligurdû”; fenomeno che dovrebbe deliziare gli organizzatori che scegliendo, con cura. le opere speravano nello stordimento del pubblico d’innanzi a cotale bellezza.

Personalmente, forse per troppa e lunga frequentazione, non ho provato stordimenti all’interno di Santa Giulia; stordimenti, o meglio nausea, li provo quotidianamente percorrendo le vie del centro. Nonostante la lunga frequentazione, non riesco ad assuefarmi al quotidiano saccheggio della città. Dribblando tra automobili perennemente posteggiate su marciapiedi o turandomi il naso, per evitare il fetore dei rifiuti abbandonati per le strade, mi chiedo se sarà mai possibile un nuovo Rinascimento bresciano.

Nulla possono al presente le sete rinascimentali, la beltà melanconica di un Fortunato Martinengo o l’umano contatto di una Vergine di Paitone a mitigare lo squallore in cui è abbandonata, da una Loggia sorda, la bellezza di Brescia, né tantomeno può lenire il disgusto l’orrido e costoso arredo urbano o la triste e mal patinata, o meglio ingrigita, scultura di Paladino. Facile è incantare le folle esponendo glorie passate e disperse per il mondo, arduo è mantenere bellezza e decoro nel quotidiano.

Giuseppe Merlo