Si conclude il primo dei percorsi di gioventù rievocati dal nostro collaboratore Giuseppe Cinquepalmi di Brescia, classe 1925: ricordi del ciclista di allora e fotografie scattate ora dallo stesso protagonista.

Un lunedì mattina, freschi come rose, alle nove del mattino raggiungemmo con la consueta andatura turistica il lido di Padenghe. Purtroppo non potemmo fermarci perché sprovveduti gitanti della domenica l’avevano lasciato pieno di scarti, cartacce e avanzi, rendendolo inaccessibile. Ripiegammo allora sulla spiaggia del porto, già in parte occupata dai ragazzi dell’oratorio; li accompagnava un prete, tranquillamente seduto all’ombra delle piante a leggere un libro.

I ragazzi avevano con sé un pallone, quindi l’amicizia fu facile. Io invece non persi tempo e in men che non si dica, nonostante fosse ancora un po’ freschino, non resistetti al mio unico desiderio di buttarmi in acqua e nuotare almeno fino alla fine della partita di calcio. Stanco di quella lunga nuotata, andai a sedermi vicino al prete, il quale mi chiese da dove venissimo e se mi piacesse Padenghe. Iniziò così a citarmi i pregi del paese, l’unico dove l’acqua non passa sotto i ponti ma sopra.

Nacque su palafitte e visse un’intensa attività che continuò per tutta l’antichità. I Romani, inoltre, fecero di Padenghe un paese molto fiorente, come attesta il “campo dei dadi”, così chiamato perché in esso furono trovate tessere di mosaico appartenute a ville romane. Nel medioevo fu oggetto di invasioni barbariche di ogni tipo, attraversando così un periodo di povertà e di pestilenze. Soltanto con l’arrivo della Repubblica veneta Padenghe ritornò a essere florido, soprattutto grazie al porto e alla strada che lo congiungeva alle città di Brescia, Bergamo e Crema, assicurando loro il rifornimento di sale e varie merci. La prosperità del centro fu tale che molte famiglie trentine scesero fino a Padenghe per trovare un po’ di lavoro e qualche aiuto.

Tra un bagno e altri racconti del prete venne l’ora del rientro. Anche questa volta gli amici mi lasciarono col mio solito passo turistico tutto solo sulla via del ritorno. Arrivato al culmine della salita, sostai un poco per prender fiato e mi piacque guardare la strada percorsa, come se si trattasse di un lungo fiume che sfociava nel lago dopo aver attraversato quel bel paese, adagiato in una conca verde, quasi desideroso di riposarsi dopo una così lunga e travagliata esistenza.

Peppo Cinquepalmi

 

 

Puntate precedenti: La nostra terra... con gli occhi di Peppo: Rezzato;  La nostra terra... con gli occhi di Peppo: Pontenove di Bedizzole;  La nostra terra... con gli occhi di Peppo: i Morti della Selva;  La nostra terra... con gli occhi di Peppo: Pratello;  La nostra terra... con gli occhi di Peppo: S. Emiliano di Padenghe.