Si conclude oggi la serie di articoli nata da un’intervista a Enzo Galligioni, già primario del reparto di oncologia del Santa Chiara di Trento, da lui stesso fondato e diretto per 20 anni, già presidente della sezione trentina dell’Associazione Nazionale dei Primari Ospedalieri (ANPO), attualmente presidente della Fondazione Pezcoller, nata per sostenere la ricerca sul cancro, e direttore scientifico degli ambulatori Raphael, nel Bresciano. Il tema di oggi è soprattutto la prevenzione.
Prevenzione. «Oggi – precisa Galligioni – i pazienti che guariscono sono oltre il 60%, ma per certi tipi di tumore la percentuale sale a cifre molto confortanti, fino a sfiorare il 90% dei casi. Inoltre, non solo si è ampliata l’aspettativa di vita, ma anche la qualità della stessa, aspetto decisamente fondamentale». Nel tempo, l’informazione ha poi contribuito a formare la stessa sensibilità delle persone, tanto che fanno ormai parte del nostro “alfabeto culturale” la prevenzione primaria – ossia uno stile di vita sano con alimentazione corretta e attività fisica – e quella secondaria, ovvero la diagnosi precoce, resa possibile dai vari screening cui sempre più spesso il cittadino si sottopone con regolarità. «Un organismo si ammala di cancro – continua l’oncologo – quando si scombina il programma di una cellula, portandola ad alterare il suo comportamento o perdere la sua specializzazione. Da quel momento i meccanismi di controllo non funzionano più. A farla impazzire intervengono i cancerogeni, ossia sostanze chimiche o fisiche, spesso provenienti dall’esterno, talvolta prodotte dall’organismo a causa di squilibri ormonali. La combustione ha effetto cancerogeno, perciò fumo e smog sono i primi imputati». I primi, ma non certo gli unici.
Alimentazione e sport. Anche l’alimentazione può fare la differenza, dato che ci sono alimenti che favoriscono il tumore e altri che ci proteggono. I consigli del medico non inducono a scelte drastiche o penalizzanti: «Mangiare in modo equilibrato, moderare il consumo di carne rossa – ma non è necessario diventare vegetariani o vegani – e abbondare con frutta e verdura, limitare gli alcolici. La dieta mediterranea si candida come una delle migliori per i benefici apportati sul lungo periodo. Scelte vegetariane o vegane solo come misura di prevenzione oncologica sono invece immotivate: si possono seguire per motivi personali o filosofici, ma relativamente alla prevenzione non fanno la differenza. Chi poi propone di curare il tumore con la dieta vegana o il digiuno è un impostore. È vero che l’obesità resta un fattore di rischio serio e rende tra l’altro la prognosi più sfavorevole, tuttavia non si devono trarre indicazioni assolutistiche e dogmatiche in proposito». L’ultima raccomandazione è, come ovvio, un invito a vincere la pigrizia. «Bisogna evitare una vita troppo sedentaria. L’attività fisica ha lo scopo di compensare l’eccesso di alimentazione: mangiamo troppo e male, perciò bisogna disperdere le troppe calorie ingerite con il movimento».
Stress e fattori ambientali. Non è invece ancora stata dimostrata l’incidenza dello stress sull’insorgere della malattia. «Sappiamo, è ovvio, che mente e corpo sono legati e che i processi emotivi hanno ripercussioni nel nostro organismo, a riprova di una interazione innegabile. Nonostante ciò, ad oggi non è stato dimostrato in maniera univoca che lo stress provoca il tumore. È invece evidente quanto l’atteggiamento mentale del paziente possa fare la differenza nell’affrontare la malattia: lo scarto tra persone che combattono e persone che si lasciano andare – e che precipitano in tempi brevissimi – a volte è impressionante». Anche le condizioni ambientali, da sole, non incidono in maniera significativa sull’insorgere della malattia, a parità di stili di vita. «Chi lavora in un luogo a rischio deve avere particolare attenzione al rispetto rigoroso delle misure di sicurezza, ma sempre associato ad un corretto stile di vita. In caso contrario, l’effetto ambientale e degli stili di vita errati non è additivo ma moltiplicativo. Lo stile di vita infatti va considerato prima di ogni fattore esterno, se non vogliamo diventare ridicoli come alcuni manifestanti che anni fa in Friuli protestavano contro il rischio cancerogeno di un inceneritore... tenendo in bocca la sigaretta!».
I costi. Ecco perché ogni singolo cittadino deve fare la sua parte, abbracciando scelte di vita sane e attente alla prevenzione. Ammalarsi di meno fa bene certamente a se stessi, ma anche alla società. «Il problema della sostenibilità delle cure – puntualizza Galligioni – va affrontato in maniera responsabile perché le risorse non sono infinite e i costi dei farmaci, soprattutto i nuovi farmaci biologici, sono molto elevati. In termini generali il sistema italiano, con l’accesso gratuito alle cure, fa scuola in tutto il mondo, ma bisogna evitare sprechi selezionando in maniera sempre più puntuale quali e quanti farmaci somministrare, come e a chi. A Trento il mio budget era di circa 6 milioni di euro l’anno, con bacino di utenza di 250mila cittadini e circa 1100 tumori nuovi l’anno, e con i nuovi farmaci finivo sempre per sforare. Nessun malato però è mai stato lasciato senza cure, del resto i medici devono rendere conto se hanno usato male le risorse, non se le hanno utilizzate in maniera appropriata per ogni singolo paziente».
L’appello di Galligioni insiste ancora una volta sull’importanza, anche strategica, della prevenzione. «Prevenzione e diagnosi precoce costano tra l’altro molto meno allo Stato rispetto alle cure per il cancro conclamato. Il cittadino deve impegnarsi a fare i controlli e, prima ancora, deve contribuire alla lotta contro il cancro con uno stile di vita sano». Ormai non abbiamo più scuse, nessuno può affermare che non lo sapeva e nessuno può chiamarsi fuori da una delle lotte più impegnative dell’umanità contemporanea.
Giovanna Gamba
I precedenti articoli: “Non chiamatelo male incurabile!”. Parla l’oncologo/1; “Non chiamatelo male incurabile!”. Parla l’oncologo/2; “Non chiamatelo male incurabile!”. Parla l’oncologo/3