“Soccorso Alpino Trentino”: un’associazione nata affinché gli alpinisti più esperti aiutino quanti si trovano in difficoltà in montagna.
Qualunque sia la stagione, la montagna rappresenta lo scenario con il quale da millenni l’umanità si è confrontata.
Le montagne hanno infatti costituito sia baluardi di difesa nel corso di numerose guerre sia luoghi nei quali trovare rifugio durante persecuzioni di varia natura; ma le montagne hanno anche offerto contesti in cui curare insidiose malattie – come è raccontato nel famoso romanzo La montagna incantata di T. Mann – o ritemprare la mente irrobustendo il corpo.
In certo senso, dunque, è molto comprensibile che l’umanità abbia sviluppato nel corso degli anni una sempre più approfondita conoscenza e un altrettanto grande amore per la montagna, soprattutto là dove, data la configurazione orografica, ci sono montagne di diverse caratteristiche.
E l’Italia è di fatto una nazione dotata di una ricca orografia.
Naturale è perciò che anche in Italia (pochi anni dopo analogo organismo inglese e austriaco) sia nato a Torino, per iniziativa di Quintino Sella, il Club alpino italiano, un ente finalizzato a promuovere ogni forma di alpinismo e la conoscenza della montagna. Dalla fondazione del CAI, avvenuta nel lontano 1863, molto tempo è passato ed oggi il CAI, articolato in molteplici sezioni e sottoposto alla vigilanza del ministero del Turismo e dello Spettacolo, svolge numerose finalità.
Gestisce rifugi alpini, realizza e mantiene sentieri di montagna, pubblica materiale di varia natura, organizza escursioni.
Ma si dedica pure alla prevenzione degli infortuni e al soccorso alpino attraverso il Corpo di Soccorso Alpino.
Ed è proprio con l’attuale Presidente dell’Associazione “Soccorso Alpino Trentino”, che ho il piacere di parlare.
Il presidente, signor Adriano Alimonta, mi spiega che il Soccorso Alpino è nato a Trento nel 1952 e da lì si è esteso a tutto il territorio nazionale allo scopo di intervenire con personale specializzato negli incidenti che possono verificarsi in montagna.
Attualmente l’Associazione trentina ha sede a Trento in via Pranzelores e conta circa 800 tesserati.
L’Associazione imposta la propria attività attraverso un Presidente e un vicepresidente, un Consiglio direttivo composto dai rappresentanti di diverse aree del Trentino, un’Assemblea che riunisce i responsabili di zona e i capi stazione (e loro sostituti) delle 35 stazioni locali.
Quanti partecipano all’Associazione devono dimostrare di possedere competenze adatte per interventi di soccorso in stagione sia estiva sia invernale e possono essere: soccorritori alpini (tra i quali si collocano pure i membri del Gruppo tecnico di elisoccorso e del Gruppo tecnico forre), operatori tecnico sanitari, conduttori di unità cinofile per la ricerca di persone colpite da valanga o disperse, operatori tecnici.
Il percorso formativo è complesso, avviene presso la Scuola provinciale del Soccorso Alpino ed è sottoposto a una verifica di controllo ogni tre anni.
Ragguardevole è anche il volume dell’attrezzatura disponibile: 60 fuoristrada, 10 motocicli e 7 motoslitte.
Negli ultimi anni, poi, si è pure ricorsi alla più moderna tecnologia, ad esempio a droni, al fine di agire in sicurezza all’interno di zone impervie.
Ma l’Associazione cerca anche di essere presente sul territorio prevenendo, attraverso opuscoli e altro materiale informativo, infortuni, di fatto sempre più numerosi in rapporto alle nuove modalità, quale il downhill canyoning o discesa in canoa, con cui si affronta la montagna.
Prestare soccorso in montagna è, perciò, attività complessa. Di conseguenza, risulta necessario che l’Associazione di Soccorso Alpino svolga la sua funzione in collegamento con il 118, la Protezione civile e HEMS Association (Helicopter Emergency Medical Service), a partire dall’idea che il suo compito fondamentale è quello di salvare vite umane tramite la collaborazione fra ogni forza disponibile sul territorio.
Di tutto ciò il presidente Alimonta è pienamente consapevole.
Mi saluta però con una frase particolarmente suggestiva: “Chi è già un alpinista può diventare soccorritore alpino; difficilmente, invece, un soggetto non esperto di montagna, per quanto bravo nel soccorso in contesti di vita quotidiana, può diventare un soccorritore alpino”.
Il pensiero che la frase di Alimonta mi suggerisce è che la montagna è una realtà severa ed esigente; perciò non si accontenta della cosiddetta buona volontà o di una generale competenza di pronto soccorso ma esige una preparazione molto rigorosa e specifica da parte di chiunque – compresi i prestatori di soccorso – la affronti.
Luisa Maioli