Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times

Era il 2012 quando a Gavardo veniva realizzato quello che allora venne definito il più grande parco fotovoltaico d’Europa in località Gusciana ai confini con il comune di Paitone. Questa la descrizione che ancora oggi si trova sul portale ufficiale della Comunità Montana di Vallesabbia capofila del progetto.

“Questa iniziativa nasce dall’esigenza di salvaguardare l’ambiente e il territorio dove viviamo ponendo particolare attenzione al consumo intelligente dell’energia. In particolare l’impianto fotovoltaico consentirà di ottenere energia pulita in grado di soddisfare il fabbisogno energetico dei Comuni della Valle. (Obiettivo costo consumi comuni uguale a zero).

L’area ove è ubicato il parco fotovoltaico è posta al confine occidentale del comune di Gavardo, località Gusciana, nei pressi della frazione di Pospesio in comune di Paitone. L’area è completamente isolata rispetto ai più vicini centri abitati, non visibile dalle pubbliche vie e raggiungibile unicamente dalla strada di collegamento tra i due comuni, denominata “via del marmo” ed individuata dalla provincia di Brescia come itinerario ciclopedonale di carattere sovra comunale.

La caratteristica principale dell’area, oltre alla presenza di edifici dismessi con materiale fortemente inquinante (eternit), è l’isolamento della stessa dal contesto di riferimento.

Il nome stesso della località, “Gusciana”, indica chiaramente le caratteristiche morfologiche del sito. Si tratta infatti di una zona depressa rispetto alle alture limitrofe (monte Tesio a nord e monte Budellone a sud) e posta ad una quota inferiore rispetto alle zone di fondovalle poste ad ovest.

Dal punto di vista geologico si tratta di un’area di origine carsica costipata nel tempo da uno strato (variabile tra 1 e 2 metri) di argilla.

L’area interessata dal parco fotovoltaico era caratterizzata dalla presenza di 13 edifici agro-produttivi, per una superficie coperta complessiva pari a 16.000 mq circa, già adibiti allo stallo di tacchini, che versavano in pessimo stato di conservazione: la presenza di materiale in fibra d’amianto (eternit) sulle coperture non protette ed esposte agli eventi atmosferici rappresentava certamente un pericolo contingente per l’inquinamento delle acque ed atmosferico.

Complessivamente sono stati smaltiti più di 350.000 kg. di materiale contaminato da amianto senza costi per la comunità.

Vi è inoltre la presenza di due edifici di origine storica, con elementi architettonici riconoscibili e di pregevole valore, uno interno all’area ed uno, di dimensioni più limitate, limitrofo alla stessa, che si intende salvaguardare e valorizzare all’interno del progetto, in fase di elaborazione, di parco didattico delle fonti rinnovabili”.

Oggi a oltre 12 anni di distanza si può certamente valutare positivamente l’operazione. Resta da completare l’idea virtuosa allora lanciata e annunciata di realizzare il “parco didattico” dedicato alle fonti rinnovabili. Perché non realizzarlo ora, dedicato ai giovani proprio per raccontare il senso di questa operazione, come in realtà era nelle intenzioni?