Amministratori e servizi sociali precisano la loro posizione dopo le polemiche dei giorni scorsi.
Non c'è pace nella vicenda di Emanuela e Stefano Inzoli. Ieri una sorella di Stefano si chiedeva dove fossero le istituzioni mentre i suoi cari decidevano di morire e il dolore impastato alla rabbia ha scatenato accuse, risvegliando ulteriore sofferenza. Oggi è la volta delle istituzioni e davanti alla stampa si sono presentati Giovanni Santini, sindaco di Nuvolento, Stefano Tonni, assessore alle politiche per famiglia, persona e sanità, e una delegata del consiglio comunale per la pubblica istruzione. Con loro anche i rappresentanti dei comuni aggregati in merito ai servizi sociali: per Mazzano il sindaco Maurizio Franzoni e per Nuvolera Daniela Piccinelli, assessore alla persona, pubblica istruzione e cultura.
"Come amministratori - spiega Santini - siamo spesso impotenti di fronte alle nuove povertà che non sempre possono essere risolte dall'interno delle istituzioni". Il sindaco si dice anche amareggiato dalle strumentalizzazioni di un dolore che ha colpito non solo i familiari, ma l'intera comunità. Però non ci sta ad accettare il ruolo di capro espiatorio a tutti costi. Non condivide le semplificazioni squalificanti in una realtà sempre più complessa, perché sa che lo scambio di accuse non aiuta certo nella comprensione. Anzi, il sindaco rilancia e riafferma la presenza delle istituzioni al servizio dei cittadini.
La dichiarazione di intenti è chiara: "Operiamo nell'ottica della prevenzione, laddove possibile, e del sostegno ai più deboli". Ma la crisi c'è e moltiplica le richieste di aiuto, mentre i bilanci sono sempre più miseri e le risorse dello Stato di fatto inesistenti. "Nel frattempo - continua Santini - un sindaco vive nella propria comunità, coltiva rapporti diretti con i cittadini e deve far fronte ogni giorno a problematiche sociali pesanti, accumulando spesso la frustrazione di non essere risolutivo, di alleviare solo in minima parte il disagio". Sempre meno fondi e sempre più richieste, insomma.
Insieme ad altre 100 famiglie (su una popolazione di circa 4000 abitanti), anche gli Inzoli avevano chiesto aiuto circa un anno fa e per loro era stato elaborato un piano di assistenza con discrezione, ma in continuità. Da qui prendono il via le misure adottate e, alle accuse di aver erogato briciole, Santini fa presente l'elevato numero di persone fra cui distribuire gli aiuti, i numerosi casi di minori coinvolti e altre emergenze laceranti che non fanno notizia solo perché si è evitato un esito tragico, ma non per questo sono meno urgenti.
Santini non si sottrae comunque alle proprie responsabilità e accetta di fare autocritica chiedendo prima di tutto a se stesso un’attenzione sempre vigile, tuttavia ribadisce che l'amministrazione ha fatto ciò che poteva. Poco, forse, ma sicuramente non il nulla di cui è stata accusata.
Ma si può ridurre tutto all'aiuto fornito dagli enti pubblici? Le nostre nonne raccontano che ai loro tempi, quando un padre restava senza lavoro, tutta la parentela e il vicinato si mobilitavano per assicurare protezione e difficilmente i malcapitati sprofondavano nella perdita di dignità. Oggi il contesto sociale "sfilacciato" - così lo definisce il primo cittadino - rende talvolta difficile perfino la valutazione dei bisogni. Ora, la riflessione è di tutti: dobbiamo recuperare il senso di appartenenza a una collettività, attivarci per capire e prevenire, imparando a stringere le maglie della rete di protezione di cui si parlava nei giorni scorsi.
Resta il dispiacere per una tragedia tremenda, una ferita che non si rimarginerà a breve. Speriamo almeno che quanto successo diventi un monito alla coscienza di tutti. Di chi ha responsabilità pubbliche, certamente, ma anche di ogni cittadino di buona volontà. Non possiamo assuefarci alla disperazione, non possiamo credere che cambiare le cose tocchi sempre a qualcun altro.
Giovanna Gamba
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