Quarta edizione del viaggio della memoria in terra polacca organizzato dall’Associazione “Violet Moon” dal 16 al 19 ottobre, cui hanno aderito trentanove partecipanti, in larga parte gavardesi. Riccardo Viviani, uno degli organizzatori, ci ha inviato la sua testimonianza, che volentieri condividiamo con i nostri lettori.

Auschwitz, teatro dell'inferno nazista, ma anche Katowice, terra natale di Karol Wojtyla. Birkenau, ma anche la cripta dove San Giovanni Paolo II celebrò la prima messa nella Cattedrale di Wawel. E’ stato un viaggio che ha spaziato dal male profondo dell’Olocausto al bene e alla fede della cattolicissima Polonia, quello che ha portato a Cracovia, dal 16 al 19 ottobre 2015, un gruppo composto da ben 39 persone. Molti, moltissimi gavardesi in compagnia di una delegazione proveniente dalla Valcamonica e dal lago d'Iseo. Fra loro una manciata di giovanissimi, accompagnati dalle famiglie, che hanno avuto la possibilità di visitare uno dei luoghi maggiormente simbolici delle atrocità legate alla seconda guerra mondiale.

L’iniziativa, frutto dell’associazione culturale "Violet Moon" che ha sede a Gavardo, ha visto la firma organizzativa del binomio composto da Riccardo Viviani e Emanuele Turelli, la componente religiosa curata dal curato di Gavardo, Don Fabrizio.

Appena arrivati in terra polacca, senza perdere tempo ci siamo recati a Wieliczka a visitare le miniere di sale, spettacolo magnifico che dal 1978 è entrato a fare parte della lista dell’Unesco. Il giorno successivo la visita ha ruotato quasi interamente attorno alla storia della bellissima città polacca Cracovia. Passeggiando per le vie del quartiere ebraico i “pellegrini” si sono mossi attorno ai luoghi simbolici della presenza ebraica a Cracovia: l’antica Sinagoga, ora divenuta interessante museo di cultura ebraica, la vecchia piazza che era il cuore delle attività fino alla fine degli anni Trenta, la Sinagoga detta “alta” poiché ricorda un particolare aneddoto che la volle più elevata di una chiesa cristiana, fino ad addentrarsi nei vicoletti più stretti dove Steven Spielberg ha girato Schindler List uno dei capolavori cinematografici della Memoria dell’Olocausto.

E fra un vicolo e l’altro si è giunti nel celebre e terribile ghetto, uno dei cinque principali dell’allora Governatorato polacco, voluto dai nazisti per isolare oltre 15 mila persone di origine ebrea dal resto della città. Dalla suggestione di una cultura millenaria alla terribile realtà che centinaia di famiglie furono costrette a vivere per oltre due anni (dal 1941 al 1943), fino a quando il ghetto venne sgomberato. In quei giorni i nazisti trucidarono oltre 2 mila persone durante il rastrellamento e ne portarono circa 8 mila ai campi di sterminio, primo fra tutti quello di Plaszow, comandato dal terribile Amon Goeth, personaggio tristemente raccontato da Spielberg nel suo celebre film. E proprio nel ghetto il gruppo ha visitato la fabbrica dell’imprenditore di origini cecoslovacche celebrato in Schindler List. Uno spazio enorme, allestito nei capannoni dove l’uomo, eletto a Giusto fra le Nazioni, con la scusa di produrre pentole smaltate per il Reich, salvò la vita a oltre 1100 ebrei condannati ad una morte certa. All’interno degli spazi è allestita la mostra sensoriale permanente Cracovia durante l’occupazione tedesca, un vero e proprio viaggio a ritroso nel passato, condotto da preparatissime guide del posto. La visita al ghetto si è composta anche dalla vista di quel che rimane del muro ci cinta altro tre metri (realizzato con le lapidi del cimitero ebraico, come triste presagio) e dalla piazza degli Eroi del ghetto, in cui compaiono 70 seggiole a significare il senso di vuoto che provarono gli ebrei deportati di fronte al dover lasciare ogni loro bene ai nazisti. E proprio di fronte, ecco la storica farmacia che resistette alle angherie naziste e il cui proprietario, non ebreo, aiutò molte persone nel tentativo di fuggire al loro tragico destino.

Non poteva poi mancare la visita alla collina di Wawel e alla piazza del mercato di Cracovia: la basilica di Santa Maria, il castello imperiale, la cattedrale di Cracovia, nei cui sotterranei è stata visitata la cappella dove Giovanni Paolo II celebrò la prima Santa Messa. E del Papa polacco i pellegrini hanno potuto ripercorrere le tracce: nella chiesa di San Francesco, al banco dove era solito andare ogni mattina per pregare, all’adiacente palazzo vescovile, teatro dei suoi celebri discorsi ai giovani polacchi, ogni volta che, da Papa, si recava a Cracovia (7 furono le sue visite da Santo Padre, l'ultima proprio nel 2002 per consacrare la cattedrale della Divina Misericordia, che il gruppo ha visitato prima della ripartenza verso l'Italia).

La giornata di domenica è stata dedicata al momento clou del viaggio, ovvero la visita ai campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau. Una mattinata piena di emozioni e non scevra di qualche lacrima, fra i block di Stammlager, sotto l’insegna con la scritta “Il lavoro rende liberi”, davanti al muro delle fucilazioni, di fronte alla cella dove morì padre Kolbe, nel museo con ciò che rimane del passaggio di milioni di persone. E poi ancora, in un turbine di sensazioni: l’unica camera a gas rimasta intatta, l’interno del crematoio con i forni, per poi spostarsi a Birkenau, sotto la celebre torretta del comando, fra i binari arrugginiti dove arrivavano i treni pieni di disperati che si fermavano alla “rampa” prima di essere mandati alle camere a gas. Proprio in prossimità del termine dei binari, dove sorge il monumento internazionale a memoria del milione e 200 mila vittime del lager, il gruppo si è stretto in un momento toccante: i 5 giovanissimi, testimoni per l’occasione dei valori fondanti della "Violet Moon", hanno deposto una corona di fiori in prossimità della lapide in italiano, dopo una preghiera e parole toccanti del curato Don Fabrizio. Agghiacciante, infine, la visita alle baracche di legno, dove vivevano in attesa della morte centinaia di persone stipate su rudimentali dormitori, alle latrine comuni, all’immensità di un lager, Birkenau, studiato per contenere 200 mila persone.

Dal male profondo di cui è capace l’uomo, all’amore immenso di un Santo: dopo Birkenau la comitiva ha raggiunto Katowice, dove è stato visitato il museo allestito nella casa natale di Giovanni Paolo II: commovente ripercorrere le tappe della vita di un uomo grande della storia moderna, un Santo della gente, un Papa capace di entrare nel cuore delle persone di tutta la terra. Fra Memoria e Fede ci si è sentiti un po’ uomini, un po’ pellegrini. Si sono bagnati gli occhi di lacrime nel vedere tanta crudeltà, ma anche di speranza nel vedere la potenza del bene. Si è riso, si è scherzato, si è studiato e approfondito. Si è pregato, si sono celebrate alcune messe. Ci si è sentiti un gruppo vero, una comunità in cammino verso la conoscenza della sua storia e verso la scoperta di uno dei luoghi più simbolici della sua fede.

Si è tornati tutti un po’ migliori di quando si è partiti, con l’idea che dalla consapevolezza del male, si possa e si debba soltanto costruire il bene. Anche per questo a tanti è rimasta impressa quella frase che ha accompagnato questa visita ad Auschwitz, pronunciata e scritta da Nedo Fiano, ebreo italiano, reduce da quel terribile campo: “Chi ha conosciuto sulla propria pelle la potenza dell’odio che hanno prodotto questi campi, nella vita non potrà mai più odiare o portare rancore, ma potrà soltanto imparare ed insegnare ad amare”. Nedo ancora è vivo ed è instancabile testimone di questo insegnamento.

Visto il successo di questa iniziativa, si è già al lavoro per promuovere anche il prossimo anno questo bellissimo viaggio tematico.

Riccardo Viviani