La consueta rubrica i riflessione del sabato curata dalla nostra misteriosa collaboratrice Ariel.

 

Molto tempo fa sottovalutai un pensiero di un caro amico, già avanti con gli anni. Durante una delle nostre tante conversazioni notturne (ho sempre amato la vitalità intellettiva della notte) mi disse: non è grave ciò che non ti viene dato, ma ciò che ti viene tolto.

 

Al momento, trattai con leggerezza quella affermazione e la ricondussi al contesto del discorso senza dargli peso. Solo con il passare del tempo quella affermazione mi tornò in mente, più e più volte, e mi stupii di quanto diventasse forte e limpida a ogni reiterazione mentale.

Feci subito un collegamento con il rapporto che ho con la macchina fotografica, ossia nullo. Ho sempre pensato – infatti - che solo le immagini, i volti, i paesaggi, i nuovi, vecchi e ritrovati luoghi, capaci di evocare moti di sentimenti nel mio essere, attraverso la vista e gli altri sensi, fossero degne della mia attenzione e dei miei ricordi e l’obiettivo della macchina fotografica rappresenta per me un filtro non necessario per assaporare e godere delle bellezze o meno della vita.

Quindi, quella affermazione, detta con leggerezza, eppure con tanta potenza e profondità, aveva colpito – senza che io me ne accorgessi e ne fossi – al momento – consapevole, ogni corda della mia emozionalità più interna, tanto da assimilarla lentamente e con costanza e farla mia nel corso degli anni.

Ma perché tanta attenzione e ricordo? Ciò che non ti viene dato può essere sostituito o compensato con nostre potenzialità; penso a desideri di beni materiali o raggiungimento di nuovi contesti umani, professionali, relazionali. Ciò che ti viene tolto, in bellezza dell’essere, propensione alla estroversione, all’allegrezza, alla leggerezza dell’anima, non può essere in alcun modo compensato da azioni interne alla tua persona o derivanti da altri.

L’anima appare graffiata, lacerata, mancante di fibre necessarie alla sussistenza, tanto martoriata da aver bisogno di strati di veli per coprirsi, proteggersi, continuare a esistere.

Eppure, siamo così bravi (o abbiamo tanto timore di mostrarci) a celare elegantemente il nuovo stato di fragilità, che nessuno si accorge del maltolto.

Ariel