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Si chiude domani, sabato 19 marzo, la settimana nazionale degli archivi. L’Archivio Storico della Diocesi di Brescia (via G. Rosa 30) per l’occasione sarà aperto l’intera giornata, dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 15 alle 18, con una mostra che racconta la storia della nostra città attraverso documenti conservati nei secoli tra le mura vescovili. Ingresso libero.

 

Promossa dall’Associazione Nazionale Archivisti Italiani, la settimana 2016 ha per titolo “Ispirati dagli archivi” e si propone di offrire spiragli di luce sulle migliaia di chilometri lineari di documenti più o meno antichi, conservati non sempre in condizioni ottimali e consultati spesso solo dagli studiosi. Il patrimonio archivistico, in realtà, appartiene a tutti i cittadini perché conserva la nostra memoria e ci permette di ritrovare le nostre radici, perciò tutti dovrebbero considerarlo un bene prezioso e sentirsi coinvolti nella sua tutela.

L’archivio diocesano di Brescia ha raccolto questa sfida e propone ai bresciani “La nostra storia in un archivio”, un breve viaggio per raccontare alcune sfaccettature del passato di Brescia attraverso i documenti prodotti dalla curia in circa otto secoli di storia: il primo documento esposto risale infatti al 1253 e riguarda possedimenti della mensa vescovile, quando il potere temporale rendeva i presuli amministratori di beni e affitti, mentre l’ultimo è datato 1945 ed è un’informativa sulla deportazione degli ebrei di Rodi. In mezzo, scorrono società diverse, talvolta quasi immobili e talvolta in rapida trasformazione, colte attraverso la testimonianza di una pergamena o un volume cartaceo. Narrazioni, descrizioni o disegni fungono da appiglio per comprendere realtà profonde, che si dispiegano nel percorso della mostra.

 

Non solo devozione, ma anche assistenza ai poveri, con le donazioni testamentarie alle confraternite; non solo storia di edifici sacri, con una splendida planimetria della cattedrale, ma anche testimonianza di alcune emergenze sanitarie, con circolari vescovili ed elenco dei morti durante le epidemie di colera del 1836 e 1855; non solo gli estimi con i beni del clero, ma anche gli stati delle anime dei fedeli, preziosissimi per ricostruire l’evoluzione demografica, la composizione dei nuclei familiari, lo stato di arti e mestieri, e così via. Mondi che si compenetrano e si raccontano al visitatore.

«Non poteva che essere così - sottolinea l’archivista Lucia Signori - perché per secoli non c’è stata alcuna separazione tra società civile e società religiosa. L’idea vincente è stata dunque quella di ricercare documenti rappresentativi selezionandoli in base agli eventi chiave della storia di Brescia». All’indomani del sacco del 1512, con la città depredata dalle truppe francesi, è significativo leggere le lamentele dei canonici della cattedrale, che raccontano al papa le ingenti perdite subite e vengono da lui risarciti con la donazione di altri beni. Ancora, la commistione tra religione e politica viene rivelata dalla sede scelta dai deputati all’estimo e da quelli dei notai: pur essendo funzionari pubblici, scelgono con naturalezza la sacrestia del duomo per il loro ufficio. Dopo il crollo dell’Ancien Régime e gli echi della rivoluzione francese, infine, basta l’intestazione di una circolare a dare idea del sovvertimento in atto: il presule è infatti apostrofato come “cittadino vescovo”.

Bastano insomma poche carte per evocare scenari innumerevoli e, suscitando emozioni, la mostra mantiene la promessa del titolo. «Tutto nasce da un lavoro quotidiano - spiega don Mario Trebeschi, vicedirettore dell’archivio - un lavoro paziente fatto di umiltà, passione e, perché no, anche sogni. Il titolo della settimana nazionale 2016 suggerisce di vivere l’archivio anche come luogo immaginifico». Del resto senza la creatività e l’intelligenza dello storico, che sa rivolgere le domande giuste alle fonti, sappiamo bene che le carte resterebbero mute. E non si potrebbe ricostruire alcuna storia.

Giovanna Gamba