Nelle scorse settimane è stato aperto uno spazio all'interno del Musa di Salò dedicato alla Repubblica sociale italiana. L'iniziativa fa seguito ad un altro allestimento precedente. Su questa nuova iniziativa ha preso posizione il rappresentante dell'Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia), Dario Bellini, autore dello scritto che riportiamo di seguito. Intanto a Goteborg, in Svezia, due storici - Luciano Maffi (ricercatore Università di Parma) e Maria Paola Pasini (ricercatrice Università Cattolica del Sacro Cuore) - hanno presentato una relazione dedicata proprio al delicato tema del patrimonio dissonante legato alla Repubblica sociale dal titolo: "The Social Republic on lake Garda: from the removal to the critical recovery of a dissonant heritage for tourism. The proposal for a diffused museum". La relazione è stata particolarmente apprezzata a livello internazionale.

 

Di seguito l'intervento di Dario Bellini (Anpi):

E' molto difficile raccontare la storia in un museo. Il museo mostra e lo sguardo è istantaneo. Quando l'occhio si sofferma sulle scritte si stanca, preferirebbe avere di fronte una pagina. Ciò che è immediato si confonde nella suggestione e nell'emozione e si fissa in certo modo molto diverso  rispetto a quando si legge in un libro. Ancor più difficile è raccontare un pezzo di storia cercando di non dilungarsi sulle premesse. Il MUSA dedica due sale a due anni di storia che coincidono con la Repubblica Sociale Italiana, epilogo di almeno vent'anni di contraddizioni e crogiolo di almeno altri settanta di equivoci. Abbiamo cercato, come ANPI, fin da subito di tenere gli occhi aperti su questo secondo allestimento che il museo di Salò dedica alla questione. e abbiamo chiesto incontri ai responsabili, sulla base di poche e schematiche pagine di progetto, quasi due anni prima dell'inaugurazione. E' stato difficile valutare e porre osservazioni perché come qui vorrei dire, in un museo dove si vede molto e molto è da leggere o ascoltare, gli schemi del progetto ci dicevano abbastanza poco. I nostri interventi erano perciò più delle raccomandazioni che delle osservazioni. I vertici dell'ANPI, delle Fiamme Verdi e altri studiosi che ci hanno sostenuto nello scambio con i curatori, hanno potuto poco più che vedersi rispondere con rassicurazioni e impegni a non far diventare questa installazione a Salò un luogo del revisionismo sulla vicenda del fascismo.

Ora la sezione è aperta e tutti la possono visitare e valutare. Dall'insieme dell'operazione, quindi dai testi, ma in particolare dall'insieme dell'apparato visivo, si evince la centralità di Mussolini, la sua immagine, il suo "mito" quasi fosse lo stesso Mussolini dei vent'anni precedenti. Una delle argomentazioni dell'ANPI era che in questa fase il dittatore è totalmente nelle mani della Germania nazista e dal regime Hitleriano totalmente diretto e controllato. Di questo aspetto, nell'insieme non c'è rilevanza visiva e nei testi compare solo come dato di circostanze generiche. Questo è un rilievo storico forte. Derubrichiamo la manovra di geopolitica di Hitler con la storiella del duce degli italiani che elargisce carezze ai federali commossi e baci alle bandiere.

Non è difficile capire che una parte di italiani, molti, non così pochi almeno, cercando di dare senso a venti anni di propaganda e di autoconvincimento della propria forza e rilevanza nello scacchiere mondiale si sono detti, delle due l'una, o si era trattato di una grande bufala, o si doveva tener fede costasse quello che costasse. Perfino il milite della Xmas, nella sua testimonianza tradotta in audio da un attore, sembra, giudicando il ventennio a posteriori, propendere perché si "trattasse tutto di una gran cretineria". Ma il grosso impegno della ricostruzione museale consiste nel fatto che si è voluto dare rilevanza al punto di vista del fascismo della RSI: chi vi aderisce, in nome dell'onore e dell'impegno militare con l'alleato, sente il dovere di continuare pervicacemente lungo un sentiero in discesa verso la disfatta. Perciò la semplice dicitura (prima didascalia in assoluto) che attribuisce agli innumerevoli fallimenti e sconfitte militari in Francia, Russia, Albania e Africa, la ragione per la messa in minoranza di Mussolini nella riunione del 25 luglio del Gran Consiglio del Fascismo, il suo arresto e la richiesta di armistizio, non bastano a contestualizzare un regime ormai al capolinea. E non basta nemmeno la giustificazione che senza la RSI l'occupazione tedesca sarebbe stata più dura. Far dell'Italia terra bruciata. L'altro argomento dei sostenitori della RSI per cui la classe dirigente, il Re in testa, Badoglio, non furono all'altezza di un'impresa delicata e rischiosa come quella di negoziare una pace con gli anglo-americani accanto al ribaltamento repentino di un'alleanza, fu, ma soprattutto è, pretestuoso. Dopo venti anni di annientamento delle libertà, di un potere esercitato come sudditanza al capo, era immaginabile che ci fosse qualcuno in Italia capace di traghettare indenne la nazione fuori da quel colossale pasticcio?

Tuttavia se il museo di Salò ha voluto, nella fase storica di oggi, indicare la contraddizione in cui furono precipitati migliaia di giovani, "la tremenda contraddizione della destra italiana", come la definisce uno dei curatori - il bresciano Roberto Chiarini - ecco che personalmente voglio accogliere questa sollecitazione e guardarla attraverso la consapevolezza che, come sostiene Aldo Cazzullo nel suo ultimo libro Mussolini il capobanda, noi italiani dovremmo vergognarci del fascismo. Vergognarci di averlo inventato, di averlo esportato, di ammantarlo ancora di eroismo. L'antifascismo non è appannaggio delle sinistre: è la premessa perché, chiusi quei due anni di pervicace ostinazione in un errore, una commissione eletta in un libero parlamento potè scriversi da sé, unica tra le nazioni sconfitte dalla guerra (perché l'Italia fu sconfitta, e la sconfitta era nell'ordine delle cose e della storia), una costituzione senza più dittature, senza più disuguaglianze, senza più soffocamento della libertà. Una costituzione basata sulla vita e sulla concordia, non sul vitalismo e sull'odio.