Riceviamo e pubblichiamo.
Sabato 11 luglio, a Brescia e provincia, per l’ennesima volta abbiamo assistito a un intenso evento meteorico che ha divelto molti alberi, oltre a creare danni a cose e a persone. Leggendo i dati della velocità del vento rilevati dalla centralina ARPA in via Ziziola a Brescia, il valore medio della velocità del vento alle ore 15 è stato di 140 km/ora. Secondo la scala e misura dei venti (classificazione Beaufort) a tale velocità si attribuisce il termine “tempesta violenta”, alla quale corrisponde l’effetto “alberi sradicati e danni a manufatti”.
Io ed altri colleghi dottori agronomi e dottori forestali di Brescia siamo stati chiamati per constatare i danni. Tutti abbiamo convenuto come i danni principali siano avvenuti, principalmente, su alberi che presentavano difetti o malformazioni dovute all’abbandono, ad errati interventi di manutenzione, alla loro messa a dimora in aree non idonee o con modalità sbagliate.
Alcuni esempi… Cedri di 50 cm di diametro messi a dimora in aree acclivi e abbandonate da circa 30 anni (uno di loro, schiantato a terra, presentava radici strozzanti); Liriodendri di 15 m, schiantati, con le radici chiaramente affondate in soli 20 cm di suolo… Di questi esempi ne potremmo aggiungere altri cento.
E’ un po’ come pensare di far diventare nostro figlio un campione di calcio, ma senza che possa usare un pallone…
Ogni volta che cade un albero parte un’eco mediatica che ritengo spesso esagerata. Penso a quanto viene scritto e detto da persone che purtroppo non si rendono conto della propria incompetenza in materia, e che, dopo aver dato un’occhiata ai danni, puntualmente dicono la loro senza conoscere le piante e come funzionano. Da ciò purtroppo discende la percezione distorta del problema da parte dei cittadini, e spesso anche della pubblica amministrazione. Un albero che abbia più di 35 cm di diametro e superi di 7/8 m di altezza appare subito come un pericolo.
“Rischio” e “pericolo”, però, non sono sinonimi. In qualsiasi processo decisionale si passa, in maniera conscia o inconscia, attraverso una “valutazione di rischio” o, meglio, attraverso un’analisi costi –benefici, che sfocia in una decisione, frutto appunto di un bilanciamento tra ciò che si guadagna (il beneficio) e ciò che presumibilmente si potrebbe perdere (il rischio). Nella Storia l’Uomo è sempre stato consapevole dei rischi legati ai fenomeni naturali e non controllabili, quali le malattie (recentemente, il Covid-19), i terremoti, i fulmini e gli incidenti di varia natura. Di strada ne abbiamo fatta molta: nel 1900 l’aspettativa di vita era di 45 anni, oggi raggiungiamo gli 80!
Dunque, anche per gli alberi in città e in aree urbane densamente edificate, in particolare, è necessario affinare le tecniche difensive attraverso la corretta realizzazione delle aree verdi, la giusta prevenzione e la necessaria manutenzione, se desideriamo che i benefici indiscussi della natura possano aiutarci a vivere a lungo e con una qualità della vita con standard elevati.
Per questo motivo è necessario che siano dei professionisti abilitati, come i dottori agronomi e i dottori forestali, a progettare adeguatamente le aree verdi, a valutare lo stato di salute e la stabilità degli alberi e ad affrontarne e risolverne problemi, così come tutti si aspettano che per un dolore fisico ci si rivolga al medico, per progettare un ponte a un ingegnere, a un architetto per progettare la casa dei sogni.
Emanuela Lombardi dottore forestale
(responsabile della comunicazione dell’ordine dei dottori agronomi e forestali di Brescia)