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Consueta celebrazione in ricordo del bombardamento di Gavardo avvenuto 74 anni fa, il 29 gennaio 1945. Le vittime furono 52, decine i feriti. Quest'anno l'organizzazione della manifestazione è stata promossa dalla commissaria del comune di Gavardo Anna Pavone. La messa nella parrocchiale celebrata da cinque sacerdoti.

La commemorazione civile affidata a Maria Paola Pasini (Università cattolica del Sacro cuore). Ecco il testo.

"Mia mamma Celeste e mia zia Marcella, al momento del bombardamento, quel 29 gennaio 1945, avevano rispettivamente 23 e 27 anni. Ho sentito parlare di quel drammatico giorno direttamente dalla loro voce moltissime volte.

C’era la neve, loro si trovavano al lavoro al lanificio di Gavardo, le sirene, la corsa verso casa nel centro del paese, il fumo,  la polvere, i morti, l’odore di carne bruciata.

 

Ho sentito quel racconto così tante volte che mi sembra persino di averlo visto di esserne stata testimone. E anche se sono nata vent’anni dopo, quel ricordo, quella tragica memoria è vivissima dentro di me e col tempo, studiando le vicende della nostra storia recente, si è ulteriormente rafforzato.

52 vittime, donne, bambini, uomini, sacerdoti, vecchi. Tutti accomunati da quei terribili momenti da quell’orribile fine.

In questi anni gli archivi hanno anche restituito la memoria degli altri, di chi le bombe le lanciava e oggi rileggere il rapporto scritto con il linguaggio freddo della burocrazia militare fa impressione.

 

Il rapporto americano sul bombardamento di Gavardo è firmato da un certo Colonnello  Archie J. Knight. Ci sono anche alcune bugie, come il fatto che il ponte venne abbattuto. In realtà non subì nemmeno un graffio. Non c’è il minimo cenno alle vittime, alle vite umane perse per un “danno collaterale”

Vi leggo brevemente questo rapporto:

 

 

'Data: 29 gennaio 1945

Missione n° : 3195

Gruppo: 57°

Squadrone: 66°    

 

N° Aerei inviati: 8 P-47D Thunderbolt  Decollo: 12:00  Rientro: 15:15  

Tipo di missione:  Ricognizione armata        Condizioni meteo: Cielo limpido, con foschia

 

Obiettivo: Ricognizione dell'area compresa tra i laghi di Como e di Garda.

Obiettivo primario, un ponte stradale in F-2374, nei pressi di  “Salò”.

Ora dell'attacco: 13:15

N° aerei effettivamente sul bersaglio: 8

Quota di attacco: 1000 piedi (350 metri circa)

N° aerei dotati di bombe: 8

Tipo di esplosivi impiegati: 16 bombe da 500 libbre; effettivamente sganciate, 16.

 

Descrizione:

Volo in due “sezioni” di quattro aerei ciascuna, guidate dal caposquadriglia.

Il ponte è stato attaccato e due bombe hanno provocato il crollo della campata.

Edifici posti a Nord e a Sud del ponte sono stati demoliti e intere sezioni del manufatto sono crollate attorno alla strada, provocando un  rilevante blocco stradale'.

 

Questo il testo del rapporto dei piloti alleati. Come dicevamo non c’è il minimo cenno alle perdite di vite umane, perché in una guerra le perdite in vite umane alla fine non sono poi così importanti.

Eppure il nostro paese è rimasto profondamente ferito da quelle bombe, una ferita che forse più o meno consapevolmente si porta dentro anche oggi.

Sono passati 74 anni, più generazioni. Le voci dei testimoni diretti si fanno più rare. E quindi in questi anni ci viene consegnato idealmente il testimone, il compito di proseguire sulla strada del ricordo, della ricerca, dello studio.

Non è vero che studiare, e studiare la storia, non serve più a nulla, come sostiene qualcuno.

 

Il lavoro fatto dalla nostra comunità, lavoro di recupero e conservazione della memoria è stato importante, grazie alle varie amministrazioni, alla biblioteca, alle scuole. Deve continuare. E rafforzarsi, con linguaggi nuovi, modalità nuove. Per rivolgersi ai giovani a coloro che non sanno, che non hanno capito, che non conoscono. Attraverso le nuove tecnologie, la carta o i pixel, i fumetti o le ricerche d’archivio.

 

L’essenza del messaggio rimane. L’orrore ha tanti volti. Pochi giorni fa il 27 gennaio abbiamo celebrato la giornata della memoria. Se uno si ferma un attimo a pensare, conclude che non è possibile, che non può essere vero che sia esistito Auschwitz.

Dio è morto ad Auschwitz ha detto il cantautore Francesco Guccini in una nota canzone.

 

Dove era Dio quando un bambino è stato impiccato nel cortile del campo e il suo corpo lasciato per giorni esposto a titolo di ammonimento, si chiedeva il premio nobel per la pace nel 1986, Elie Wiesel.

 

I Nazisti hanno torturato e ucciso un grande storico ebreo-francese come Marc Bloch. Hanno praticato torture terribili sui rom, steriminato gli omosessuali, gassato gli oppositori politici, avvelenato gli handicappati.

Nei campi è morto un martire come Teresio Olivelli, giovane promessa della cultura fascista, convertitosi e morto in un lager per salvare un altro prigioniero polacco da un furibondo pestaggio da parte di una guardia, Teresio Olivelli, professore, alpino e martire, proclamato recentemente beato.

  

Tutte cose che non ci sembramo vere, che ci diciamo non possono essere esistite.

Così anche noi qui se ci fermiamo un attimo a pensare, non possiamo convincerci che qui proprio in questa piazza una volta c’erano case, e bambini che correvano nella neve, e persone che vivevano e che sono morte a causa di una guerra. 

 

Non sembra vero ma è vero e non possiamo dimenticarlo. Che ciascuno di noi continui ad essere testimone dell’orrore, per evitarlo. E’ l’unico antidoto che abbiamo".