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Dopo gli accertamenti di questi giorni, i tecnici smonteranno le campane del paese per metterle in sicurezza ed evitare che le vibrazioni danneggino l’antica torre campanaria. 

Nei secoli passati generazioni di uomini e donne impararono a regolare la propria vita al suono delle campane più vicine: annunciavano l'ora del lavoro e del riposo, le morti, le calamità e accompagnavano i fedeli nelle feste. Sicuramente anche Bedizzole ha scandito il tempo dei suoi abitanti in questo modo e la funzione ulteriore di richiamo e informazione è comprovata anche da una sorta di divisione dei beni di antica data tra potere laico ed ecclesiastico: il Comune risulta infatti proprietario della torre campanaria, mentre il concerto delle campane appartiene alla parrocchia.

In questi giorni i tecnici, chiamati a controllarne lo stato di salute, hanno deciso di realizzare al più presto interventi di manutenzione e restauro. Infatti, per quanto la torre risulti stabile e ben conservata, le vibrazioni delle campane a tutt'oggi si scaricano sui muri perimetrali, compromettendone a lungo andare la tenuta. Ecco dunque la necessità di costruire una “gabbia” protettiva che eviti danni futuri. Il progetto, a firma dell’ing. Abba, è già stato presentato in curia; seguirà il permesso della sovrintendenza, con tempi tecnici un po' più lunghi, dopo il quale i lavori potranno prendere il via. Nel frattempo, lo storico don Mario Trebeschi sta ricostruendo i rapporti tra amministrazioni comunali e fabbriceria della parrocchia nei secoli passati.

Interpellato sulla ricerca, don Trebeschi sottolinea come nei secoli passati i rapporti tra società civile e religiosa fossero molto diversi: nella “societas christiana” del passato era naturale che la municipalità intervenisse nel mantenimento delle campane, che del resto svolgevano un servizio civile. Anche a Bedizzole, dunque, il Comune sovvenzionò in più occasioni la fabbriceria con contributi anche sostanziosi. La competenza della gestione, tuttavia, fu sempre appannaggio della parrocchia e un aneddoto ritrovato fra le carte del tempo lo conferma.

Nel 1932, per il decennale della marcia su Roma, uno zelante segretario del partito fascista voleva celebrare l'evento facendo suonare le campane a festa, ma incontrò la ferma opposizione del parroco, mons. Antonio Bontacchio e dovette recedere dal proposito. Storie che rimbalzavano sicuramente da una comunità all'altra e non solo dalle nostre parti, visto che l'ultimo romanzo di Andrea Vitali descrive una situazione pressoché identica ambientata, come sempre, sul lago di Como.

Ma la storia delle campane bedizzolesi si nutre anche dei racconti della gente e in paese sono molti gli anziani che corrono con la memoria a qualche decennio fa, raccontando che non è la prima volta che la torre campanaria resta orfana. Sempre negli anni del fascismo, infatti, il governo le aveva requisite con l'obiettivo di fonderle e trasformarle in cannoni per la guerra. Molti paesi subirono la stessa triste sorte, ma Bedizzole per sua fortuna aveva come curato don Riccardo Vecchia, l'indimenticato fondatore, con altri partigiani, delle Fiamme Verdi in paese, sacerdote santo, ma anche attivo e intraprendente. Don Riccardo, tramite una fitta rete di contatti fidati, riuscì ad arrivare personalmente in tempo all'aeroporto di Ghedi e a riportarle “a casa”. Qualcuno ricorda ancora il proprio nonno quando raccontava che quel giorno ad accompagnare il curato c'era anche lui, mentre un altro nonno tempo fa testimoniava che il camion della “missione” era proprio il suo.

Forse l'archivio ci restituirà altri aneddoti, visto che la storia delle campane si è sempre intrecciata con quella delle terre e degli uomini su cui hanno vegliato e che talvolta hanno protetto (tutti ricordano le campane a martello in vista di pericolosi temporali, per esempio). Se emergeranno, li racconteremo. Se qualcuno invece conosce altre storie, è invitato fin da ora a contattarci.

Giovanna Gamba