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Due anni fa, in coincidenza col 40° anniversario della strage di Brescia, per Sperling&Kupfer ha pubblicato “Piazza Loggia, indagine su una strage”, oggi incontriamo Pino Casamassima (uno dei massimi esperti di storia dello stragismo in Italia, vive ora a Salò) all’indomani della pubblicazione delle motivazioni che della sentenza d’appello che ha confermato le condanne all’ergastolo per Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte.

 

Qual è la tua prima reazione?

Deo gratias! Mi viene da dire subito. La sentenza d’appello era stata emessa il 22 luglio dello scorso anno, 13 mesi fa. Un tempo in cui si fa nascere un bambino e se ne ha in cantiere un altro. Capisco che ci siano stati problemi anche gravi d’ordine personale, ma la giustizia – già di per sé dal passo pachidermico più che lento – può permettersi di tenere così sulla corda imputati e parti civili? Direi di no, proprio no. Trovo scandaloso tutto questo!

Ti aspettavi quelle motivazioni?

Per citare il Pasolini dell’«io so», noi – cioè tutti quelli che hanno «studiato» la strage attingendo alle fonti dirette – sapevamo dell’intreccio demoniaco fra destra eversiva veneta e servizi. Mi ha stupito lo svarione storico. Mi ha fatto sobbalzare sulla sedia. E non solo me, a dire il vero, anche gli amici Tassinari e Satta, quelli che ho sentito nell’immediatezza, che di storia del ‘900 se ne intendono…

Quale svarione?

La riesumazione di Ordine nuovo, come l’ha definita giustamente Tassinari. Quella organizzazione era stata sciolta da Taviani nel dicembre del 1973. Vogliamo parlare di Ordine Nero? Se siamo al bar possiamo confondere con disinvoltura Ordine nuovo con Avanguardia Nazionale, Anno Zero e La Fenice, ma in sede giuridico-storica no. Non è accettabile. Soprattutto quando s’impiega un tempo così scandalosamente lungo per scrivere le motivazioni: in quel tempo io, di norma, produco due libri, non di fiction, ma di storia, che necessitano quindi di documentazioni approfondite!

Non credi di essere troppo severo?

Troppo severo? Guarda, chi mi conosce sa benissimo quale sia il mio orientamento politico, fra l’altro facilmente intuibile: per cui, se dico che sulla giustizia Berlusconi aveva ed ha ragione, lo dico a ragion veduta. Facendo questo mestiere devi mettere in conto le querele. Ma non coi modi e i tempi della giustizia italiana! Una che mi riguarda presso il foro di Trapani (perché è lì che è stata presentata), è arrivata alla sesta udienza senza combinare nulla! Rinvii su rinvii. Tutto questo è inaccettabile.

Torniamo alle motivazioni della strage.

Credo che si sia centrato il punto essenziale. E cioè che ci fu un patto sciagurato fra eversione neofascista e servizi deviati, oltre al rammarico per non essere riusciti a inchiodare alle loro responsabilità tutti i responsabili.

Che sono…

Una folla, non certamente solo Maggi e Tramonte che pagano per tutti. Nel 1974, cioè in un tempo in cui c’erano due soli canali tv, Rai, rigorosamente in bianco e nero, tre canali radio Rai e poco altro, vale a dire in un periodo in cui la comunicazione viaggiava molto su «piattaforme» umane, nel senso di passarsi la famosa parola con una telefonata come massima espressione tecnologica, era necessario avere una base logistica in un posto destinato a essere colpito. Era impossibile organizzare quella strage a Brescia senza avere basisti a Brescia.

Quali basisti?

Credo che i giudici della prima istruttoria, se non si fossero mossi come elefanti in una cristalleria, cioè con una disinvoltura – diciamo così – da Torquemada, avrebbero potuto chiuderla quella istruttoria con elementi concreti contro la corte dei miracoli di Buzzi, cioè la manovalanza servita per la strage a livello logistico, a cominciare dalle informazioni spicciole. Quelle informazioni che i veneti – chiamiamoli così – non potevano avere. In questa storia, si innesca, non a caso, la vicenda di Silvio Ferrari, cui ho dedicato un intero capitolo del quel mio libro. Ma questa, come suol dirsi, è appunto un’altra storia.

Si annuncia un ricorso in Cassazione.

Cioè si spera – una speranza da lumicino, fortunatamente – di fare anche di questa strage una vergogna nazionale, come per piazza Fontana, in un andazzo che ultimamente vede la destra darsi un gran daffare per rilanciare la candida innocenza della coppia Fioravanti-Mambro, anzi, del trio, visto che va aggiunto Ciavardini dal 2007, in relazione alla strage di Bologna, sfoderando la bufala della pista palestinese e del Lodo Moro. Credo che sarà – per fortuna – un tentativo destinato all’insuccesso.

Quindi, abbiamo un punto fermo su Brescia?

Senza dubbio. Anche se quei due – Maggi e Tramonte – possiamo prenderli come teste di serie di una partita giocata da molti altri giocatori. Pardon, criminali.