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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera del professor Pino Mongiello di Salò che fa riferimento ad alcune pagine di promozione turistica in circolazione sul Garda. Osservazioni davvero molto interessanti.

Quest’anno una graziosa brochure accompagna il “Quarto Festival d’area SUONI e SAPORI DEL GARDA”, (14 maggio-26 dicembre 2016), frutto della collaborazione tra Associazione Brixia Symphony Orchestra e Comunità del Garda, nonché dei Comuni di Calvagese, Gardone Riviera, Gargnano, Puegnago, Salò, San Felice, Tignale, Toscolano Maderno, Tremosine, e di Dataplanning e Strada dei vini e sapori del Garda. Senza entrare nel merito dell’iniziativa che, comunque, la presidente della Comunità Mariastella Gelmini definisce “progetto ambizioso”, dichiarando di volerlo far “diventare un appuntamento periodico e continuativo, ampliandolo e promuovendolo sempre più, in Italia e all’estero”, mi limiterò a sottolineare alcune note stonate, che ho trovato tra le pagine, che non fanno bene sperare. Il negativo sta nei testi di presentazione delle località che ospitano i concerti. Non so chi ne sia l’autore (non si dice in nessuna pagina). Chiunque sia, sono disposto a perdonargli i piccoli errori e i refusi che pure ci sono, complice, spesso, lo stesso computer. Mi duole, invece, far rilevare certe improprietà linguistiche, davvero ingiustificate. Per esempio, a proposito di Gardone Riviera, si dice “iniziò a diventare una stazione turistica alla fine dell’800 quando affluenti turisti tedeschi si convinsero…”. Par di vedere gli affluenti che versano le loro acque nel lago. Per Gargnano si scrive “Le lapidi ritrovate nel territorio attestano la frequenza già dall’epoca pre-romana e romana”. È legittimo chiedersi: “frequenza di chi”? Ma fin qui sono solo cosucce. La questione più delicata riguarda Salò. A un certo punto è scritto “Questa cittadina vanta pretese romane di antica data”.  Se i fatti non sono opinioni, quelle di Salò non sono pretese ma realtà!. Si vadano a vedere i reperti delle necropoli sistemati nelle raccolte di Salò e di Gavardo.

Ancora, e qui non si tratta di svista ma di bufala: “Nella piazza principale del Comune (si intende Municipio?) ancora oggi possiamo trovare una colonna sovrastante del leone di S. Marco simbolo dei domini veneti (perché non: sovrastata da?)”. Qual è la piazza principale del Comune: piazza della Vittoria, piazza Duomo, Piazza Vittorio Emanuele II, o piazza Serenissima? Poi, “nel 500 sorsero le accademie e la vita culturale cittadina”: non è così che si mettono insieme due cose differenti: le une sono entità associative, l’altra è una espressione di vitalità. Procedendo nella lettura del testo, mi piacerebbe conoscere il filosofo Antonio Caino di cui si parla; e sarebbe anche utile sapere perché gli eserciti francesi e austriaci si scontrarono ripetutamente a Salò. Lasciamo stare l’accostamento immotivato (sintatticamente) tra l’ingresso in Salò di Garibaldi (1859) e il ricovero dei feriti di S. Martino e Solferino. Quello che più mi disturba è leggere che “Salò divenne famosa per essere stata la famigerata capitale” della RSI, e che “ancora oggi Salò è meta di patetici nostalgici di quella triste epoca”. Si allude forse ai visitatori della mostra sul culto del duce allestita presso il Musa? Ma non è stata promossa dal Comune? Ad ogni modo, per come sta scritto, pare che Salò sia invasa spesso da raduni di ex fascisti! Così non è ma, se così fosse, dove sta il motivo per sbandierarlo? La mazzata finale: “…Salò è la località ideale essendo poco frequentata da giovani e turisti stranieri che prediligono mete più vivaci”. Davvero un paese morto? Non ci credo, ma così lo descrive il testo in esame. Manca, poi, totalmente un cenno al Duomo, il più insigne monumento della città, sacro come la musica che il Festival vorrebbe celebrare. Insomma, è solo questione di sviste? O di superficialità? O non anche di incompetenza? Leggevo qualche settimana fa sul Corriere/Brescia le doglianze del Presidente degli albergatori della Lombardia, salodiano, che chiedeva al Sindaco di far togliere dal centro storico i deprimenti annunci (numerosi), apposti su molte case e negozi, con scritto “VENDESI”. Anche questa è un’idea per non immalinconire i turisti.

Ma perché tollerare che “improprietà linguistiche” come quelle segnalate, continuino ad essere avallate, come se si trattasse di parole in libertà che nessuno legge? Così si presenta la propria città al forestiero?