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L'estate scorsa Marcella Bacchetti, assessore al comune di Vestone, ha partecipato ad una bella esperienza di volontariato in Brasile con l'operazione Lieta. Le abbiamo chiesto di raccontare a 51news le sue impressioni, l'eredità che questi incontri le hanno lasciato.

L’isola che non c’è.

Agosto 2012: la prima volta. Agosto 2016: la seconda volta…che vale piu’ della prima.

In realta’ non si puo’ definire Pacotì, non si puo’ raccontare…si puo’ solo vivere.

Quattro anni fa mi imbattei per caso in un articolo scritto da Max Levrangi, ora divenuto mio caro amico, che raccontava le sue estati trascorse facendo il volontario in una scuola vicino a Fortaleza, nel nord-est del Brasile. La cosa mi incuriosiva: nemmeno il tempo di pensarci …siccome pensare alle cose porta inevitabilmente a titubanze e ripensamenti, a fine articolo avevo già deciso..io quella esperienza volevo farla.

La prima volta a Pacotì è un’esperienza fortissima: un’esperienza che ti segna nel profondo e che ti lascia addosso quel sapore di voler prima o poi tornare. Torni in Italia e porti tutta l’emozione della prima volta, la malinconia di quell’isola che non c’è, la rabbia per non aver potuto aiutare di piu’….ma ti rimane tatuato addosso, in faccia e nel cuore, la serenità e la delicatezza di quei bambini.

A Pacotì studiano bambini dai 6 ai 12 anni. Provengono dalle favelas e lottano ogni giorno per la sopravvivenza. Quando non sono a Pacotì, non hanno cibo, subiscono violenze, vengono costretti a diventare piccoli corrieri della droga. La famiglia, nella maggior parte delle situazioni, è inesistente.

Questi bambini stanno a Pacotì dal lunedi al sabato mattina: qui ricevono sostentamento, un’istruzione e tanto affetto…la cosa che manca piu’ a loro. Ricevono la dignità persa fra le favelas, per 5 giorni alla settimana si sentono al sicuro fra le braccia materne e paterne di Angelo Faustini e Lieta Valotti: i fondatori di questa struttura. Il gruppo di italiani che va a far visita nel mese di agosto cerca di dare una mano nei lavori piu’ vari: dalla manutenzione delle strutture, alle pulizie di alcuni ambienti, ai turni in lavanderia e in refettorio. Da fare ce n’e’ sempre…e tanto.

E quando si finisce il lavoro, si sta con i bambini.

E’ sorprendente la loro genuinità …sono l’essenza nell’essenziale. Si perdono ad inseguire aquiloni realizzati con pezzi di carta e qualche nastro srotolato dalle vecchie music-cassette. Giocano scalzi, corrono senza sosta e chiunque nel loro gioco è il ben accetto. Il calcio è nel cuore di tutti e allora via…una palla anche un po’ sgonfia, una porta senza rete e sono subito i mondiali. Non esistono confini del campo e chiunque puo’ entrare in gioco senza chiedere.

Una sera meditavo su una cosa: qui tutti possono giocare con tutti. Qui nessuno litiga con nessuno. Niente lacrime sprecate per bisticci o discussioni. I piu’ piccoli vengono presi per mano dai piu’ grandi…è un affetto fraterno che si instaura inevitabilmente fra tutti. Questa è magia. Pacotì è proprio questo: è la vita che continua, è la seconda chance che tutti dovrebbero avere, Pacotì è il mondo per crescere e farsi forza insieme.

Poi ci sono i loro abbracci… che creano dipendenza. Arrivano, i piccolini non arrivano nemmeno al metro di altezza, farfugliano qualcosa e capisci che vogliono un tuo abbraccio. Ti chini ed è fatta: sei in un’ altra dimensione. Ti abbracciano con tutta la loro forza, appoggiano la testa sulla tua spalla e fra una stretta e l’altra arrivano i baci….sono baci in cerca di affetto e attenzione …sono baci di bambini di 6 anni lasciati soli al mondo …sono carezze che ti danno tanto, nemmeno la minima parte di quanto tu voglia dare loro. Sono abbracci che ti prendono tutto, ti svuotano e ti lacerano l’anima. Non puoi piangere. Non devi farti vedere piangere. Non lo fanno loro, perché dovresti farlo tu?? Eppure in quei momenti ti passano per la testa mille pensieri …dai piu’ miti …ai piu’ rabbiosi. Ti chiedi cosa hai fatto tu per nascere in una parte del mondo dove questo  non è normalità. Ti chiedi, loro, cosa han fatto di male per non meritarsi  nulla. Il mondo è così ingiusto che cerchi per forza una ragione e un motivo, ma una ragione e un motivo purtroppo non  esistono. E allora ti senti così inutile, che con quell’abbraccio vorresti regalargli tutto cio’ che non ha mai avuto. Riapri gli occhi e speri che quella emozione che hai tu serva a questo bambino per crescere in fretta e trovare un posto nel mondo.

E la sera li accompagni nelle loro casette…stanno in 6 o 7 per camera…doccia, denti e via nel lettino. Tutti in fila indiana, senza fare storie, come veri ometti. E vogliono che tu ti sieda accanto finchè la luce si spegne. Ti prendono la mano, te la stringono forte e ti guardano con quegli occhi che ti entrano dentro. E tu stai lì, aspetti che la luce si spenga… ma luce spegniti in fretta perché le lacrime battono forte e fanno un male immenso bagnando questa corsa all’oro che poi dove mi porterà?

Chiunque volesse dare un piccolo aiuto o altre informazioni sull’associazione Operazione Lieta  puo’ collegarsi al sito internet www.lieta.it

Marcella Bacchetti