Questa mattina una numerosa folla, circa un migliaio di persone, ha salutato per l’ultima volta il giornalista scomparso nei giorni scorsi. Moltissimi i bedizzolesi, che da sempre hanno accolto e amato questo loro concittadino speciale, ma anche alcuni volti noti dello sport, come Spillo Altobelli, e del giornalismo sportivo, uno per tutti l’amico Marino Bartoletti, a fianco dei familiari. Altobelli ha definito Idris un fratello, ricordando i tempi delle vacanze insieme, Bartoletti un ciclone di simpatia, di bontà, di cultura, un compagno di viaggio meraviglioso. 
Il gonfalone ufficiale della Juventus, segnato a lutto, accompagna l'ultimo viaggio del suo indimenticabile tifoso e intorno sono tante le maglie bianconere e le persone che indossano i colori della sua squadra del cuore. Idris attraversa il cimitero di Bedizzole accompagnato da un lungo scroscio di applausi, poi arriva al luogo della sepoltura e un silenzio irreale avvolge tutti.
 
Prende la parola Hadija, una delle figlie, e la sua voce squillante fa piangere eppure consola; la sua fierezza mentre parla del padre emoziona, le sue bellissime parole dipingono il ritratto di suo padre in modo tanto vivido da farlo sentire presente nella sua effervescente simpatia, nella coerenza delle sue idee, nella sua umanità pura e indomita. Non si può non riportare almeno alcuni passaggi.
 
"Mio papà culla le parole, le accompagna dolcemente fino a che non sono pronte per uscire dalla sua bocca. E mi ha insegnato a fare lo stesso. Mio papà è venuto da una terra fiera e ha attraversato il mondo a testa alta, lo diceva sempre anche a noi: “Niente paura!”. Diceva a tutti “fratello” e io da piccola non capivo e credevo che tutti fossero miei zii, ma aveva ragione lui.  Era nero e bianco e nero e credeva che i colori fossero una ricchezza. Parlava dialetto bresciano e diceva “Inshallah”. Era un uomo colto, puro, non aveva pregiudizi e grazie a lui io sono fiera della mia pelle, del mio cognome. Era vasto come l'oceano e le onde non lo diluivano. Era intelligente, ma non sovrastava nessuno, si metteva alla pari e accompagnava. Era democratico e assoluto, non è un ossimoro. Era aulico e popolare e attraverso lo schermo è entrato nelle case di tutti, anche dei razzisti. Era saggio perché uomo di cultura e lo era perché uomo di giustizia. Era uomo di giustizia perché uomo d’amore e uomo d’amore perché uomo di bellezza. Ora noi dobbiamo coltivare il vuoto e lasciare che quello che lui ci ha insegnato, i valori per cui ha vissuto lo riempiano".
 
A seguire, la stessa Hadija invita a cantare tutti insieme la sua canzone preferita, "No woman no cry" di Bob Marley, e la intona lei stessa, cantando a cappella. Sono momenti da brivido e tutti si uniscono mentre qualcuno accenna passi di danza e molti battono il tempo con le mani. A qualche bedizzolese la mente corre a quando, alcuni anni fa, Idris con la tradizionale generosità si era esibito come ospite d'onore in un'edizione del Festivalband, lo spettacolo per giovani talenti del paese, e aveva regalato a tutti una performance travolgente, gioiosa, un inno alla vita come nel suo stile. Così si mischiano lacrime e sorrisi, mentre ognuno probabilmente accarezza i propri ricordi.

Dopo si alternano altri interventi, partendo da uno dei 21 fratelli di Idris fino a Marino Bartoletti. Infine, l’invito dai fratelli musulmani a pregare per lui, invito rivolto a tutti, chiedendo di rivolgersi all'unico Dio. E così l’uomo venuto dall’Africa, pioniere nel creare ponti e avvicinare persone e culture, è riuscito a unire la gente anche nel giorno dell’ultimo saluto. La folla multicolore presente a Bedizzole oggi ha cantato, pianto e pregato insieme, in una sintonia che sicuramente avrà fatto sorridere Idris, ovunque sia.
 
Giovanna Gamba