Pubblichiamo questo interessante contributo di Fabrizio Galvagni, professore e storico di Vobarno. E' dedicato alla storia dlel'Oratorio.
Se tu non sei bambino…
(Quando all’Oratorio si cantava Ivan della Mea)
Tempo fa abbiamo avuto modo di ripercorrere su queste pagine, almeno nelle linee essenziali, la storia ormai più che secolare dell’Oratorio di Vobarno.
Vorrei oggi raccontare di un episodio – minimo in apparenza – ma che ben testimonia di un periodo particolare e a suo modo difficile (e non solo per l’Oratorio): quello dei primi anni Settanta.
Era allora curato don Arturo Viani. Abbiamo avuto modo di ricordare la sua figura quasi sei anni fa quando, nel luglio 2015, venne a mancare. Ora ci basti solo ribadire un tratto indiscutibile della sua personalità: don Arturo era un “chierico”, nel senso medievale del termine; era un uomo di notevole sensibilità intellettuale e la sua casa – perennemente aperta – fu sempre una sorta di cenacolo culturale. In casa sua, nel suo studio, giovani e ragazzi andavano e venivano, discutevano, si confrontavano, ascoltavano musica. La musica era, tra l’altro, una delle grandi passioni del curato. La cultura musicale di molti dei ragazzi di allora si è formata, almeno in parte, “a spese” di don Arturo: era lui che aveva il giradischi e che comperava i dischi o, come si diceva allora, i “long playing”.
Tra i suoi dischi – c’era di tutto un po’: dal rock, alla classica, ai cantautori… – ve ne era uno sicuramente eterodosso e che, secondo il pensiero comune, era decisamente fuori posto: La balorda di Ivan della Mea. La balorda, uscito nel 1972, era il terzo album del cantautore milanese, pubblicato dalla storica e indimenticata etichetta I dischi dello Zodiaco. Ivan della Mea è stato un grande protagonista della musica popolare e le lotte della sinistra politica, sia di quella legata al P.C.I prima che, soprattutto in quegli anni, di quella più movimentista ed extraparlamentare. Le sue canzoni, sempre attente e sensibili ai bisogni degli ultimi, degli emarginati e degli sfruttati, erano però quasi sempre canzoni di rivolta e di rabbia; certamente non erano – almeno nel linguaggio – vicine allo spirito evangelico.
Ebbene: don Arturo durante la messa cantava (e faceva regolarmente cantare) una canzone di Ivan della Mea, tratta proprio dall’album citato. Ma con una piccola, minima “amputazione” nella clausola finale. Ma leggiamo il testo di questa bella semplice ballata popolare (il titolo, che rivela l’arcano, alla fine):
Se tu non sei bambino non devi dire “amo”
Non devi dire “vivo” non devi dire “sono”
Se tu non sei bambino non devi dire niente
E balla coi tuoi anni e invecchia di pietà.
Se tu non sei bambino non devi dire “gioia”
Non devi dire “vita” non devi dire “domani”
Se tu non sei bambino non devi dire niente
E balla coi tuoi anni e invecchia di pietà.
Se tu non sei bambino non devi dire “credo”
Non devi dire “spero” e voglio un mondo nuovo
Se tu non sei bambino, amico non sei niente
E balla coi tuoi anni e invecchia di pietà…
Dove sarebbe lo scandalo?! Dopo tutto si tratta di un richiamo a quel “Se non diventerete come bambini” che leggiamo in Mt 18, 3.
Ovviamente l’arcano c’era: la canzone di Ivan della Mea in realtà chiude con una clausola finale, che stravolge totalmente il testo; clausola che sta già nello stesso titolo: “Crepa!”: a della Mea mancava l’afflato della speranza, anzi della Speranza.
Ma a don Arturo non mancava; quando gli chiedemmo ragione della sua “intemperanza”, ci rispose semplicemente che “Lo Spirito soffia dove vuole” e che la Parola di Dio non sta a guardare il colore delle bandiere.
Ivan della Mea rimane comunque una pietra miliare della musica popolare di quegli anni e non solo.
Per quanti volessero ascoltare la canzone (che, a mio avviso, salvo la “clausola” potrebbe essere tranquillamente riproposta in un contesto liturgico), riporto di seguito il link di YouTube:
.Fabrizio Galvagni