Il giudice Albertano fa tappa a Salò. Giovedì 3 settembre alle 18, nella Biblioteca comunale in via Fantoni, sarà infatti di scena il celebre investigatore medievale creato da Enrico Giustacchini.
L’iniziativa è promossa dall’Assessorato alla cultura in collaborazione con la Biblioteca stessa e con il Sistema bibliotecario del Nord-est bresciano, e conclude la rassegna “I colori dei libri. Incontri letterari fra storia e invenzione”. A colloquiare con l’autore, attorno al secondo romanzo della saga, “Il giudice Albertano e il caso dell’uomo pugnalato fra le nuvole” (Liberedizioni), sarà Flavio Casali, mentre l’attore Andrea Deni Giustacchini leggerà alcune pagine dell’opera. L’ingresso è libero.
Dalla Gavardo del primo romanzo, ora ci spostiamo entro le mura cittadine di Brescia, e da lì a Montichiari, o meglio, come si diceva all’epoca, Montechiaro. Albertano (personaggio realmente esistito, letterato e uomo politico, compilatore di importanti trattati filosofici e morali) è chiamato di nuovo a indagare su un delitto misterioso e inesplicabile.
Come può un uomo venire ucciso in una stanza perfettamente chiusa dall’interno? Come ha fatto l’assassino a dileguarsi nel nulla, senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio? Nella dimora dei quattro fratelli Donati, sperduta tra la campagna e le paludi di Montechiaro, il giudice e il suo inseparabile amico e confidente Berengario devono affrontare un autentico rompicapo, in cui tutti i dettagli sembrano collidere tra loro. Anche stavolta, però, Albertano riuscirà, grazie al proprio straordinario acume e alla forza inesorabile e incalzante della ragione, a ricomporre le tessere impazzite del mosaico. E l’enigma avrà la sua logica soluzione.
Costruito secondo le ferree regole della detection story classica, il nuovo lavoro di Enrico Giustacchini si configura quale omaggio ai grandi maestri dei delitti cosiddetti di “camera chiusa”, ossia di quello che è forse, tra i filoni del giallo deduttivo, il più intrigante e denso di suggestioni.
Al pari del primo romanzo, l’opera è però anche un documentatissimo viaggio nel tempo, che ci fa piombare a capofitto nel Duecento bresciano, alla scoperta di luoghi perduti (come il monastero benedettino dei Santi Cosma e Damiano, in città) o per fortuna tuttora esistenti (come la pieve di Montichiari), e che ci permette di rivivere personaggi e vicende indimenticabili, tra oscuri indovinelli e simboli indecifrati, terrificanti morbi e miracolose guarigioni, sapientissimi astrologi e sicari senza volto di sanguinarie sette segrete.
Al termine del romanzo - suddiviso in dieci capitoli, ciascuno scandito da un “comandamento” del decalogo inserito dal “vero” Albertano nel celebre trattato “Ars loquendi et tacendi” - non poteva mancare, come nel precedente, la gustosa chicca di un’appendice che consentirà di individuare quanto, fra le pagine appena lette, era finzione e quanto, invece, realtà storica.